L’economia globale sempre più interconnessa, nonostante il recente ritorno a parole come dazi e guerre commerciali, rende difficile prevedere quanto potrà crescere o decrescere un singolo Paese. Ne è ben consapevole Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, che ci spiega: «Per parlare della situazione economica italiana occorre tenere conto anche di quello che accade fuori dai nostri confini. Certamente il 2020 potrebbe essere globalmente positivo, almeno fino alle elezioni americane di novembre. Questo avrà riflessi anche sull’Europa, dove però nel frattempo bisognerà guardare cosa accadrà in merito alla Brexit».



La Brexit potrà avere qualche effetto anche sull’Italia?

La Gran Bretagna è un mercato di sbocco importante per la Germania, già alle prese con i problemi dell’automotive e della Cina. Di riflesso le modalità del divorzio tra Ue e Uk riguarderanno anche l’Italia, visti i rapporti tra la nostra economia e quella teutonica. Oltre quanto detto, una grande incognita per l’anno saranno le mosse delle banche centrali, perché appena c’è stato un segnale di normalizzazione monetaria i mercati hanno reagito molto male. In generale potremmo avere una crescita globale rallentata, che per l’Italia potrebbe voler dire rischio stagnazione, visto che siamo fanalino di coda della crescita.



Nel suo discorso di fine anno, Mattarella ha parlato anche delle grandi risorse di cui dispone il Paese. Cosa ne pensa?

Il Presidente della Repubblica ha anche ricordato il divario che purtroppo persiste tra nord e sud del Paese. Aggiungo che anche in un’area come quella milanese, dove l’economia non langue, con il rischio di gentrificazione si può generare però una crescita squilibrata. Per tornare alla sua domanda, è ben vero che abbiamo grandi potenzialità, lo dimostra purtroppo il fatto che se il tasso ufficiale di disoccupazione è vicino al 10%, considerando lo slack, cioè la differenza tra il volume del lavoro desiderato e quello concretamente disponibile, si arriverebbe 20%. Vuol dire che queste potenzialità esistono, ma non germogliano per conto loro, vanno un po’ “innaffiate”. Ovviamente questo discorso si collega con i problemi demografici dell’Italia e la fuga dei giovani, che rischiano di peggiorare in futuro e di rendere la crescita ancora più complicata.



La situazione non sembra quindi favorevole per il nostro Paese…

Ormai siamo sempre più ristretti nelle nostre capacità, nel senso che la politica monetaria ha fatto quello che poteva fare, forse anche fin troppo, ma quello che continua a essere un tabù in Europa è la politica fiscale. Rimane ancorata a quel groviglio di regole che ormai implicitamente guidano, determinano le scelte del Paese. Un esempio per tutti è rappresentato dalle clausole di salvaguardia. Non mi interessa fare discorsi pro o contro i disavanzi di bilancio, ma che sia messo al centro, prima che sia troppo tardi, il fatto che occorre una politica europea per la crescita. Mi lasci aggiungere una cosa.

Prego.

Gli esempi positivi, le potenzialità del Paese sarebbe bene che tracimassero nell’opinione pubblica. Abbiamo bisogno che si creino delle aspettative positive, ma fondate. Fondate non solo sulle parole incoraggianti, ma su esempi concreti di cui si ha notizia. Non faccio un discorso da massmediologo, ma da economista che conosce l’importanza delle aspettative. Se si ha contezza che esistono nel Paese delle esperienze positive, che è possibile seguire e che possono essere imitate, e questo genere di aspettativa sul futuro viene inglobata da una massa critica, si può aiutare la crescita, perché ci vuole un clima di fiducia, ma non artificioso. Una fiducia che dovrebbe anche tracimare nel mondo politico.

A questo proposito nel nostro Paese vediamo la stessa maggioranza litigiosa e prossima a un momento di verifica. La politica italiana può far qualcosa per aiutare la crescita o tutto è in mano all’Europa e alle sue regole?

L’Italia non può essere spettatrice inerte di quanto accade in Europa, anche perché il rischio è di essere messi, come già accaduto nello scorso decennio, nell’angolo. Dentro l’Ue possono realtà diverse camminare insieme? Certo che possono, ma non deve esserci alcuna insipienza o non conoscenza reciproca sui problemi specifici di ciascuno, soprattutto nelle sedi decisionali come Bruxelles. Sono convinto che i progetti di riforma delle regole, in particolare fiscali, andrebbero accelerati. Ma di questo tema nel nostro Paese non si parla.

(Lorenzo Torrisi)