Da quasi dieci anni l’Italia è a crescita zero nonostante l’aumento del debito passato da poco più del 100% del Pil a circa il 135% del Pil stesso. I governi (tutti) hanno usato il deficit per spese improduttive e hanno ridotto gli investimenti per restare entro i parametri europei mentre avrebbero dovuto fare il contrario per spingere la crescita. Questi dati mostrano due fatti. La politica italiana non trova il consenso e la coesione per riforme di efficienza e quindi non le tenta. Qualora emergesse l’intenzione politica di rimettere l’Italia nel binario dello sviluppo questa verrebbe soffocata dalle euroregole perché la situazione debitoria dell’Italia impone un macrofinanziamento in deficit prolungato di nuovi investimenti e detassazione stimolativa. Infatti, l’attuale Governo manco tenta di pensarci, motivando la recente valutazione dell’agenzia Fitch che vede nero il futuro economico dell’Italia, pur mantenendo grigio il suo presente. Ma è veramente un destino economico già segnato?



In negativo pesa la mancanza di reattività ai rischi di crisi sia dell’Italia, sia dell’Eurozona, visibile nelle contingenze. Germania e Italia sono in tendenza recessiva per il calo dell’export, dal 2018, accelerato dalla crisi in Cina. La Francia, colpita dalle rivolte interne, è nei guai. C’è una reazione? La Bce mette le mani avanti dicendo che ha quasi esaurito gli strumenti monetari anticrisi. La Commissione ribadisce la priorità del rigore. Il Governo tedesco non vuole usare il surplus di bilancio per investimenti stimolativi. Quello italiano tace.



Il Governatore della Banca d’Italia dichiara che sarà inevitabile una recessione per gli effetti del coronavirus, senza indicare contromisure. Pertanto l’economia italiana dovrà affrontare nel 2020 il peso della stagnazione decennale aggravato dalla recessione contingente senza chiare politiche anticrisi nazionali ed europee.

In positivo, ci sono la crescente vitalità del sistema economico italiano che si sta modernizzando rapidamente acquisendo nuova competitività e la forza del risparmio italiano. Ciò fa pensare che se il Governo italiano facilitasse con misure incentivanti il trasferimento di almeno 1/5 dei 1.400 miliardi giacenti nei conti bancari in investimenti sull’economia reale ciò compenserebbe la passività nazionale ed europea portando il Pil italiano, per leva interna, in positivo. La forza del privato in Italia può bilanciare l’inconsistenza del pubblico e qui risiede la speranza.



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