Il potenziale di crescita del Pil italiano 2021 è sul 7%, ma alcuni fattori stanno rallentando la ripresa in tutta l’Ue: scarsità di materie prime e di componenti importate, timori epidemiologici e rischi di inflazione. Infatti, la produzione industriale italiana ha avuto un calo (-0,7%) a luglio. Inoltre, in Italia c’è un problema paradossale: le imprese cercano centinaia di migliaia di lavoratori specializzati che non riescono a trovare mentre la disoccupazione resta elevata.
Questi fattori, in parte temporanei, terranno la ripresa sotto il suo potenziale, portandola verso il 5,5-6%, qualora l’impatto della quarta ondata virale sia mitigabile, com’è probabile grazie alle vaccinazioni massive. Quindi l’ottimismo economico sarebbe giustificato. Ma per consolidarlo dovrebbe essere confermato un fatto: la capacità della politica italiana di attuare più di 50 riforme – 10 entro il 2021, tra cui l’avvio di quella fiscale – richieste dall’Ue come condizione per erogare 190 miliardi generati da debito comune, più altri 20, entro il 2026.
L’anticipo sarà erogato entro agosto. Ma il grosso sarà dato in base a un cronoprogramma rigido, con il diritto dell’Ue di bloccarlo in caso di inadempienza politica. Ciò porta il tema della consistenza dei partiti al centro dell’economia di ripresa. Se tutto andasse bene, infatti, l’Italia potrebbe recuperare nel 2024 quanto perso dal 2007 grazie all’impulso dei denari europei e rimettersi in una situazione di equilibrio tra debito e Pil aumentando il secondo. Ma se ci fosse disordine politico, il grande entusiasmo di oggi si trasformerebbe in disperazione nazionale per le conseguenze.
Il punto: la politica lo capito? Pare di sì, ma ci sarà bisogno di attenzioni e conferme continue.