Nella sua marcia di avvicinamento alla Casa Bianca, Biden ha prima sentito i Ceo di alcune grandi società, da Gm a Microsoft, poi i sindacati, infine ha illustrato il suo piano per rilanciare l’economia del Paese dalla sua casa a Wilmington: “È ora di premiare il lavoro, non solo la ricchezza. Servono nuovi posti di lavoro buoni e dignitosi”, ha aggiunto, annunciando la creazione di tre milioni di posti di lavoro “ben pagati”, promettendo una paga minima nazionale di 15 dollari l’ora e, ancora, la lotta alle diseguaglianze economiche e sociali.
Dunque, a occhio e croce, niente di nuovo sotto il sole. Gli interlocutori sempre gli stessi: capitale e lavoro. Ai primi promette trilioni di dollari, destinati a rafforzare la manifattura statunitense, espandere la copertura del sistema sanitario e combattere il cambiamento climatico. I sindacati avranno, invece, più potere nella sua amministrazione, sottolineando il loro contributo alla classe media.
Poi… mi venga un colpo, premiare non solo la ricchezza? Forse intendeva dire premiare non solo quelli che la ricchezza la intascano? Sia come sia, neo Presidente, nel tentar di rimettere in sesto un’economia sbilenca non tocca certo premiare la ricchezza, ma chi, con la spesa, l’ha generata.
Nell’Economia dei consumi, che lei si accinge a governare, non valgono i paradigmi consunti di prima: quella ricchezza si genera con la crescita che si fa con la spesa; quella spesa che, smaltendo il già prodotto, fa riprodurre senza dover rincorrere i trilioni di dollari promessi. Quella stessa spesa che, non con le leggi, genera buoni posti di lavoro e dignitosamente li remunera.
Presidente, in questo buco sta il ragno della spesa: defiscalizzi gli oneri di quelle imprese in grado di attrezzare business che facciano utili se e quando i consumatori, acquistando le loro merci, rifocillano il potere d’acquisto. “Fiscalizzi” invece quelle renitenti! Prosit!