In tutto il mondo le chiusure dell’economia, adottate per contenere la diffusione del coronavirus, sono costate care ai lavoratori, in particolare nei Paesi a medio-basso reddito. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro, nei primi nove mesi dell’anno i redditi da lavoro nel mondo si sono ridotti di ben 3.500 miliardi di dollari, ovvero del 10,7% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Un dato che non tiene conto delle misure di sostegno diretto ai redditi messe in campo dai Governi – benché adottate prevalentemente nei Paesi più ricchi del pianeta.
Le evidenze raccolte da quelli dell’Ilo hanno potuto confermare come gli interventi di spesa pubblica, nei mesi della pandemia, sono riusciti a tamponare la perdita dei redditi da lavoro e delle ore lavorate. Uno stimolo fiscale aggiuntivo nella misura dell’1% del Pil annuo riduce la perdita delle ore lavorate dello 0,8%. Tuttavia, sebbene i pacchetti di stimolo fiscale abbiano svolto un ruolo significativo nel sostenere l’attività economica e ridurre il calo dell’orario di lavoro, si sono concentrati nei paesi ad alto reddito.
Pure l’Ufficio Economico Confesercenti, sulla base di elaborazioni condotte su dati Istat, Svimez e SWG, fa i conti, in casa nostra però: “Cig, bonus e sostegni fiscali non bastano a mettere al riparo i redditi degli italiani dalla tempesta Covid. E, nonostante la mole di aiuti introdotta dallo Stato, alla fine dell’anno le famiglie si troveranno a perdere ciascuna in media -1.257 euro l’anno, per un totale di 32 miliardi di euro di reddito annuale, bruciati dall’emergenza sanitaria e dal conseguente rallentamento economico. Un problema visto che gli italiani hanno risposto alla riduzione dei redditi incrementando la prudenza. E fanno le formiche, aumentando il risparmio e praticando tagli draconiani alla spesa. Che, nel solo semestre trascorso, è scesa di -2.304 euro”.
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento al Festival dell’Economia di Trento fa i conti, confronta e poi stima: “È vero che da noi la situazione sembra più contenuta rispetto ad altri Paesi, ma i consumi sono frenati; c’è un risparmio che non è più forzato dal periodo di chiusura. ma è legato alla precauzione che tiene bassi i consumi. C’è uno stato di incertezza complessivo che ci accompagnerà per un certo periodo, ma nessun economista ha la sfera di cristallo. Non siamo in grado di prevedere il futuro”.
D’accordo, la sfera di cristallo no; lo specchietto retrovisore, per poter intravvedere oggi quel che non si è voluto vedere ieri e poter stimare il domani, forse sì. Chi oggi con la spesa deve far la crescita non può non dover rammentare quando ieri i padri non abbiano dovuto aiutare noi figli a star meglio e dover considerare come invece ci toccherà oggi farlo con i nostri, perché quel benessere che si va rincorrendo per il domani sembra appartenere a un inesorabile ieri.
Dunque, quel non visto può esser raccontato così: nel mercato si è progressivamente generato lo squilibrio tra un’offerta sovrabbondante e una domanda che, per smaltire quel sovrappiù, ha finito con l’affrancare i consumatori dal bisogno. Da qui a perdere slancio la crescita, poi l’occupazione, il lavoro e il reddito… beh questo il minimo di quel che possa capitare.
A proposito, per non esser tacciato di voler menar il can per l’aia, la dico in un altro modo: la crescita viene generata dalla spesa talché vi è stato, vi è, vi sarà più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre. Questo valore deve trovare remunero per non dover ricorrere ancora al debito. Occhio, dentro l’economia di mercato stanno i remuneratori.
Governatore, solo un mercato liberato da quei lacci reflativi che conosce a menadito, troverà il modo di fare il prezzo giusto di quel valore. Temo altrimenti debba continuare a scorgere ancora per molto quello “stato di incertezza complessivo” da lei già intravisto.