La pandemia non può dirsi ancora alle spalle. Anche per quel che riguarda i suoi effetti economici. Se ne parlerà oggi al Meeting di Rimini in un incontro dal titolo “Economia, sussidiarietà e bene comune”, cui parteciperanno (introdotti di Samuele Rosa, Senior Economist al Fondo monetario internazionale) Eduard Heger, Premier della Repubblica Slovacca, Corrado Passera, Fondatore e Amministratore delegato di Illimity Bank, Rajan Raghuram, Katherine Dusak Miller Distinguished Service Professor of Finance at the University of Chicago Booth School of Business, e Domenico Fanizza, Direttore esecutivo per Italia, Portogallo, Grecia, Malta, Albania e San Marino presso il Fmi, che abbiamo raggiunto prima del suo arrivo all’evento.



Il Covid non può dirsi ancora del tutto sconfitto. La risposta europea alla crisi passa anche dal varo del Recovery fund. È sufficiente? Occorre che Bruxelles faccia di più?

La risposta alla crisi pandemica è stata davvero formidabile, da entrambe le sponde dell’Atlantico. Sia in Europa che negli Stati Uniti, la politica di bilancio non solo ha giocato un ruolo eccezionale nel proteggere le famiglie e le imprese colpite dalla crisi, ma anche preparato piani di ingente spesa per migliorare la capacità di crescita nel medio-lungo periodo. Questo è stato possibile grazie agli acquisti massicci di titoli pubblici nel mercato secondario da parte della Bce e della Fed che di fatto hanno rimosso temporaneamente il vincolo di bilancio per la politica fiscale, mantenendo comunque ben ancorate le aspettative inflazionistiche. È difficile pensare che si possa fare di più! Adesso, la sfida vera è spendere al meglio le risorse disponibili per assicurare una crescita di medio periodo soddisfacente.



Ritiene che il Recovery fund vada reso strutturale come è stato proposto?

La mia opinione a riguardo è che non è il momento opportuno per parlarne. La priorità adesso e metterlo in opera, sulla base dell’esperienza se ne potrà discutere tra un paio d’anni. Mi sembra una distrazione inutile. Ci sarà certo la necessità di rivedere tutta l’architettura europea, ma bisognerà farlo a bocce ferme, non quando vediamo solo l’inizio della ripresa e non siamo ancora fuori dell’emergenza.

Tra gli effetti economici del Covid sembra esservi anche l’aumento delle disuguaglianze. È così? Le disuguaglianze crescono anche tra Paesi?



Senz’altro le diseguaglianze sono aumentate. Tra i diversi Paesi moltissimo, perché la maggior parte dei Paesi poveri (Low Income Countries – LICs) e di quelli emergenti non possono fare come in Europa o negli Usa. Questi Paesi non hanno le risorse per proteggere chi è stato più colpito dalla crisi, e le loro banche centrali non hanno la credibilità per mantenere le aspettative inflazionistiche ancorate e fornire finanziamento. Il Fmi cerca di sopperire in parte fornendo crediti più ampi che in passato a questi paesi.

Cosa occorre fare invece per porre rimedio alle disuguaglianze all’interno di un Paese come il nostro? Aumentare le politiche redistributive e assistenziali (come il Reddito di cittadinanza)?

All’interno del nostro Paese, molto è stato fatto e si sta facendo. Comunque, è chiaro non tutto possa essere fatto da politiche governative. Il settore privato e la “sussidiarietà” hanno un ruolo cruciale! Da un lato possono ridurre il costo di queste politiche, dall’altro sono spesso molto più efficienti del Governo nell’identificare e fornire sostegno a chi ne ha davvero bisogno. Il nostro Paese ha una grande tradizione a riguardo, bisogna valorizzarla il più possibile!

Le ultime stime economiche diffuse dal Fmi sembrano essere incoraggianti per l’Italia, che crescerà persino più della Germania. Alcune previsioni vanno persino oltre il +4,9% del Wolrd economic outlook. Si tratta di un rimbalzo o delle basi di una solida ripresa?

È senz’altro vero che i dati suggeriscono la ripresa in atto sia molto più vigorosa di quanto ci aspettassimo. È un’ottima notizia, ma è anche vero che le condizioni sono di accresciuta incertezza! Non sconfiggeremo davvero la pandemia fino a quando tutti i Paesi non avranno accesso a vaccini, supereranno ostacoli alla loro distribuzione, e ridurranno significatamene la porzione della popolazione che rifiuta di farli. Questa rimane la priorità più importante. Perché poi la ripresa possa trasformarsi in crescita duratura e sostenibile è necessario che: gli investimenti e le riforme previste dal Pnrr siano messi in opera con vigore; e che si facciano sforzi perché la ripresa e la trasformazione del Paese lascino dietro il meno possibile di persone. Io credo che siamo sulla buona strada.

In questi giorni diventerà effettiva l’emissione di Dsp del Fmi deliberata a inizio mese, la più grande della storia. Cosa converrà fare all’Italia per usare al meglio queste risorse prive di condizionalità e che non vanno rimborsate?

Oggi, lunedì 23 agosto, avrà luogo la distribuzione di 650 miliardi di dollari in Dsp tra tutti membri del Fmi. Un evento storico! Il miglior uso per l’Italia è prestarli ai Paesi che ne hanno bisogno! L’Italia ha una posizione eccedentaria dei suoi conti con l’estero e perciò non ha bisogno di utilizzarli per rafforzare le sue riserve valutarie. Molti Paesi avanzati sono in condizioni simili e il Fmi sta preparando un meccanismo per riciclare questa liquidità a favore di LICs e MICs (Middle Income Countries) che ne hanno bisogno. L’uso dei Dsp per finanziare spese pubbliche non è possibile per i Paesi, come il nostro, membri della Bce, perché la Banca d’Italia non può fornire credito direttamente al Governo, e i Dsp sono parte delle riserve valutarie della Banca d’Italia. Per di più, anche se fosse possibile non sarebbe conveniente, perché i Dsp sono remunerati dal Fmi a un tasso d’interesse con una soglia minima positiva. I finanziamenti indiretti della Bce hanno costo uguale a zero per il Governo, perché gli interessi pagati sui titoli governativi rientrano come trasferimento di profitti dalla Banca d’Italia. Usarli avrebbe un effetto sfavorevole sul bilancio pubblico!

Il rialzo dell’inflazione al momento crea preoccupazioni negli Stati Uniti. Esiste un vero rischio per la ripresa economica? L’Europa rischia di sottovalutare il fenomeno o di sbagliare le strategie per affrontarlo?

C’è un accesso dibattito sulla natura delle recenti pressioni sui prezzi negli Usa. Io credo sia ancora troppo presto per considerare che l’inflazione possa costituire una seria minaccia per la ripresa. Per molto l’inflazione è stata al di sotto degli obiettivi sia della Fed che della Bce. Infatti, direi il rischio maggiore è quello di una reazione eccessiva ai dati sui prezzi negli Usa. Naturalmente, è importante monitorare gli sviluppi con attenzione, ma i tassi di interesse di mercato mostrano che le aspettative inflazionistiche di medio e lungo periodo rimangono ben ancorate intorno all’obbiettivo del 2% annuo per gli Usa e ben al di sotto per l’Europa. I mercati sembrano persuasi che l’eccezionale posizione delle politiche fiscali e monetarie abbia carattere temporaneo. Prima di correggere la direzione della politica monetaria sarà necessario raccogliere più evidenza sul vigore della ripresa, sul suo effetto sui prezzi, e sulle aspettative. Altrimenti c’è davvero il rischio di complicare l’uscita dalla crisi.

(Lorenzo Torrisi)

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