Nella conferenza sul futuro dell’Europa viene previsto un ragionar cortese sui diritti. Beh, i diritti dei consumatori trovano forza nell’indifferibilità dell’esercizio di un dovere: quello della spesa per fare la crescita economica.

Da agenti economici, la sola spesa delle famiglie genera i 2/3 del Pil!Quando poi il sistema economico espone lo squilibrio tra una strutturale sovraccapacità del produrre e l’affrancamento dal bisogno del dover consumare, quanto si può avere voglia di esercitare quel dovere, magari a debito?



Dunque, nell’Economia dei consumi cambia la ragione di quel dovere che deve farsi obbligo. Altrettanto obbligo devono mostrare i consumatori nel misurare l’utilità marginale residua che un individuo trae dal consumo di un bene prodotto e farne tesoro.

Sì, tesoro. Se tanto dà tanto l’utilità marginale dei fattori, capitale e lavoro, decresce al ridursi proprio dell’utilità residua della spesa; quella della domanda, invece, trasale! Si rende pertanto necessario dover ri-misurare il valore e calibrare il remunero dei fattori impiegati nel sistema produttivo. Tutti!



Proprio tutti se, come afferma la teoria marginalista, ogni fattore produttivo deve ricevere una quota del prodotto in base alla sua produttività. Agli agenti economici del consumo tocca saper gestire il crescente valore dell’utilità marginale della domanda per ottenere, dal mercato, un tornaconto; buono per migliorare l’efficienza dell’esercizio di spesa e la produttività di sistema.

Per alzare ancor più la posta in gioco, all’arguzia del dilettante, tocca sostituire la perizia del Professional Consumer: un monito e dieci convincimenti dovrebbero bastare per avviare il giro di giostra del nuovo diritto/dovere: Io attribuisco valore alle merci; se non trovo “conveniente” farlo resteranno s-valutate.



1) La crescita economica, per 2/3 fatta dalla spesa delle famiglie, rende la pratica dell’acquisto indifferibile; diventa un obbligo l’esercizio di consumazione.

2) L’atto dell’acquisto trasforma le merci in ricchezza; l’esercizio di consumazione genera nuova produzione, fornisce continuità al ciclo economico, sostanza alla crescita.

3) L’obbligo di consumazione costituisce la nostra risorsa. Offerta al mercato deve produrre quel ristoro economico che fa funzionare il meccanismo dello scambio.

4) Il remunero ricavato dalla pratica del consumo consente di ripristinare il risparmio, controllare il debito, garantire l’esercizio di spesa.

5) La produzione, governata dalla domanda, orienta qualità e quantità dell’offerta; tiene in equilibrio il conto economico.

6) La gestione attiva delle azioni di consumo rende possibile eliminare inefficienze e inerzie di processo, aumentando la produttività del sistema.

7) La spesa, intesa come esercizio di lavoro, promuove la responsabilità sociale del consumatore.

8) L’ambiente è il luogo della pratica del consumo: non si può consumare un mondo consumato.

9) La pratica del consumare dispone le forme della socialità. Occorre governare questi processi.

10) Onori e oneri, in un consorzio di interesse che tiene insieme tornaconto e responsabilità.

Mi sia consentita una chiosa: soggetti economici forti, questi, altro che bisognosi di tutele! Dunque, a questa gente, per il valore crescente dell’utilità marginale della domanda e dell’esercizio di responsabilità che porta al mercato, spetta un premio, questo: “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, crea lavoro e lo remunera; remunerando tutti, pure quelli del capitale.”

Premio che dovrà pagare la politica rappresentando queste istanze per il vantaggio che si intravvede per tutti; gli economisti, nel riaggiornare i paradigmi scaduti con i quali guardano il reale; i sociologi, nel dover riclassificare il consumare da vizio a virtù.

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