L’Ocse ha rilevato un grave calo della crescita globale. Le Banche centrali stanno inondando di liquidità i sistemi economici per contrastarlo. La Bce ha attivato misure quasi disperate perché rendono negativi i rendimenti dei titoli e dei depositi nelle nazioni più solide, avvertendo che non basteranno se gli Stati non faranno politiche espansive in deficit. Ma è più inquietante che la Banca centrale statunitense, Fed, abbia dovuto iniettare decine di miliardi di dollari nel ciclo finanziario di brevissimo termine perché mancava liquidità, facendo sospettare che, pur enorme la massa di questa, ci siano dighe che la blocchino. Cosa sta succedendo?



Nelle economie avanzate non c’è ancora recessione, ma cresce il timore che arrivi. In America, con crescita superiore al 2% e piena occupazione, tale preoccupazione è amplificata dalla paura di Donald Trump di trovarsi in recessione nelle elezioni presidenziali del novembre 2020. Per questo tenta di condizionare la Fed affinché aumenti ancor di più la liquidità, come ha fatto la Bce, e di non aumentare le tensioni belliche nonché quelle commerciali con la Cina che hanno ridotto l’interscambio di quasi il 20%.



La Germania, pur ancora in piena occupazione, per la prima volta dopo tanti anni attiverà investimenti in deficit per invertire la tendenza recessiva dovuta al brusco calo dell’export in Cina dove la crisi bancaria e il calo dell’export hanno generato una grave recessione, pur nascosta all’esterno. L’Ue sta valutando allentamenti del rigore per permettere indebitamenti stimolativi agli Stati. La Cina sta traferendo le risorse stanziate per la Via della Seta a investimenti interni d’emergenza.

In sintesi, gli Stati stanno reagendo all’allarme recessivo, per inciso con l’eccezione dell’Italia il cui Governo pare intenzionato a togliere denaro al mercato via nuove tasse per quasi l’1% del Pil. Ma la reattività delle locomotive mondiali basterà a invertire la tendenza globale, tema di massima attenzione per l’Italia che vive di export? Meno aggressività statunitense ed eccessi rigoristi in Europa certamente aiuteranno. Ma il problema è la mancanza di fiducia che comprime gli investimenti privati e che non sembra riparabile solo da politiche monetarie e fiscali espansive nazionali.



Probabilmente serve una nuova e stabilizzante architettura politica del mercato globale o almeno di parte di esso e un adeguamento della rivoluzione tecnologica alla capacità delle unità economiche di adattarsi.

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