L’economia sta volando. Ma è doveroso avvertire che si tratta di un “rimbalzo” e non di un segnale di crescita duratura, spinto dalla riapertura dei flussi e da condizioni finanziarie straordinarie.
Infatti d’ora in poi la priorità è quella di consolidare la ripresa a fronte di un esaurimento prima del previsto delle seconde: acquisto dei debiti pubblici da parte della Bce per permettere agli Stati di farne di più per gestire l’emergenza (programma Pepp); moratorie; ristori; assistenzialismi vari; eccetera.
Da un lato, la Bce userà il metodo di prima terminare l’acquisto dei debiti e solo poi alzare il costo del denaro: questa la mossa più delicata, perché aumenta il costo di rifinanziamento del debito, rendendolo insostenibile per l’Italia, forzando una politica fiscale depressiva.
Per evitarla bisognerebbe mettere l’economia italiana su un sentiero di crescita duratura del Pil un po’ oltre al 2% medio, in modo da bilanciare il debito e renderlo decrescente in relazione al Pil stesso. Sarebbe urgente, perché l’Ue sta segnalando un necessario ritorno all’ordine, cioè al rigore, e anche la Bce sarà costretta a seguire questa linea, pur ambedue le istituzioni tentando di restare le più accomodanti possibile.
Il punto: la forza del rimbalzo indica che l’emergenza è finita. Varianti del virus la riaccenderanno? I vaccini funzionano ed è improbabile che le misure cautelative che impattano sull’economia raggiungano una scala tale da bloccarla nuovamente.
Pertanto già nel 2022 l’Italia avrà il problema di un ritorno all’ordine, mentre si pensava che sarebbe emerso nel 2024.
La soluzione sono i soldi europei? Aiuteranno, ma per il consolidamento è necessario un vero e proprio cambiamento di modello economico. Il governo lo persegue, ma i partiti no.