Agire in discontinuità (Investire, gennaio 2021) era il consiglio dato all’Italia dal vicepresidente della Banca europea degli investimenti (Bei) Dario Scannapieco da qualche giorno al timone di Cassa depositi e prestiti per volontà del presidente del Consiglio Mario Draghi con il quale aveva direttamente collaborato ai tempi delle privatizzazioni al ministero del Tesoro.
E in discontinuità il Governo marziano di Draghi si sta muovendo tenendo ben presente che per raggiungere qualsiasi obiettivo occorre poter manovrare almeno tre leve che si chiamano risorse, competenze e regole. Il venir meno di una sola condizione compromette il buon funzionamento del meccanismo che finisce con l’imballarsi come l’esperienza insegna.
È come nel gran circuito della Formula 1 dove tutto deve girare a puntino. Perché la gara sia avvincente c’è sicuramente bisogno di auto competitive (le risorse), di piloti capaci (le competenze) e di una pista veloce e sicura (le regole). Alla fine, vincerà chi saprà meglio interpretare il percorso e gestire al meglio – nei tempi giusti – fattori conosciuti e imprevisti.
Ora, le risorse non mancano. Grazie alla dotazione del Next Generation Eu, ai fondi strutturali europei e a un’aggiunta di finanziamento nazionale da qui al 2030 avremo circa 300 miliardi pubblici da spendere (meglio, da investire) ai quali si dovrebbero e dovranno aggiungere i capitali privati che oggi dormono in attesa che qualcuno o qualcosa li risvegli.
Anche le competenze non mancano. E Scannapieco incarna l’esempio della persona giusta al posto giusto perché il perimetro delle attività di Cdp è così vario e vasto da richiedere una guida esperta e sicura, di carattere tecnico e sensibilità politica, focalizzata sui risultati da raggiungere sapendo di utilizzare un bene prezioso come il risparmio postale degli italiani.
Pragmatico come i tempi richiedono, Scannapieco non è contrario all’intervento dello Stato per compensare eventuali fallimenti del mercato: “Ma solo in un’ottica temporanea – spiega – per poi uscire una volta sanato lo squilibrio”. Il motore dell’economia restano le imprese private, grandi e piccole, ed è queste che occorre irrobustire per rimettere il Paese a correre.
Naturalmente occorre assicurare un campo di azione sgombro da ostacoli e trabocchetti: le regole del gioco devono essere chiare e praticabili. A questo servono le riforme di cui si parla tanto. Senza una Pubblica amministrazione collaborativa o una giustizia che recuperi il principio della certezza del diritto, per esemplificare, si resta fermi al punto di partenza.
Al pragmatismo del momento, nella versione di Scannapieco, occorre coniugare “una visione ambiziosa a lungo termine”. Occorre cioè definire che tipo di Italia vogliamo per noi e i nostri figli. E agire di conseguenza senza tentennamenti e passi indietro. Ci vogliono determinazione e coraggio se vogliamo che i sacrifici di oggi possano essere compensati domani.
Soprattutto, dobbiamo tornare a crescere. E non dello zerovirgola degli anni appena trascorsi. Dobbiamo tornare a crescere ai ritmi del Dopoguerra, quando con orgoglio e passione gli uomini e le donne di un Paese distrutto decisero di accettare la sfida che all’epoca si presentava: passare da una società agricola a una delle prime potenze industriali al mondo.
Il metodo Draghi sulla selezione della classe dirigente che dovrà traghettarci verso un futuro migliore – sostenibile, inclusivo, coeso – dovrebbe essere fatto proprio da chiunque oggi abbia il potere di compiere una scelta. Ogni decisione diventa cruciale, ogni sbaglio una cambiale da pagare. Il cambio di paradigma che si prospetta comincia da ciascuno di noi.
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