Non è un momento facile per l’economia globale, specialmente per quella europea, visto che la locomotiva tedesca ha tagliato le sue stime di crescita e la Cina, punto importante d’approdo per l’export della Germania, potrebbe crescere meno del 6% l’anno prossimo. Che le cose non si mettano bene lo conferma anche Mario Deaglio, Professore di Economia internazionale all’Università di Torino, secondo cui «c’è in effetti un’accentuazione degli elementi negativi».
Dovuta a cosa?
Principalmente al fatto che la guerra commerciale morde. La Cina vende meno negli Stati Uniti, quindi incassando meno spende meno per comprare merci dall’estero, come le auto o i macchinari tedeschi o i beni alimentari o del lusso italiani. In questa situazione, l’economia trova un nuovo equilibrio a dei livelli di crescita più bassi, probabilmente vicini allo zero e in certi casi anche sotto. Il fatto è che continuiamo a fare progetti di bilancio, non solo noi italiani ma tutti gli europei, sulla base di un quadro che sta cambiando e sta rapidamente diventando più scuro. Questo vuol dire che quei progetti sono più difficili da realizzare.
Dovranno quindi esserci dei cambiamenti nelle politiche economiche portate avanti dai paesi europei?
I veri cambiamenti vedono al centro la Germania, che non ha deficit di bilancio, ma anzi un surplus. Se non riesce a spendere queste risorse dovrebbe far sì che le spendiamo noi per lei.
In che modo?
La soluzione ideale sarebbe dotare di un maggior potere di politica economica Bruxelles, in modo che coordinasse tutti i paesi e quindi stabilisse dei target più espansivi e consentisse all’Ue come tale di indebitarsi, non solo ai Governi nazionali. Credo che più o meno nel lungo termine Ursula von der Leyen voglia fare questo, cioè portare via alle autorità nazionali il potere di spesa per darlo all’Ue in un campo specifico che è quello green.
C’è secondo lei la volontà politica per un passo di questo genere?
Penso che l’unico punto su cui le volontà politiche riusciranno a convergere sono obiettivi di color verde. Il modo più rapido ed efficace per aiutare l’economia reale è quello degli investimenti pubblici in infrastrutture. Oggi ce ne sono molti di tipo verde che si potrebbero utilmente fare, anche per mettere in sicurezza idrogeologica il Paese, come si è visto negli ultimi giorni. I lavori pubblici incontrano spesso delle complicazioni politiche, ma su una spesa verde credo che si possa più facilmente trovare un accordo. Tutto questo andrebbe fatto con soldi che non vengono direttamente da Roma, Parigi, Berlino, ecc., cosa che porterebbe dei litigi, ma da Bruxelles.
Le risorse dovrebbero venire dal bilancio Ue o mediante l’emissione di titoli?
Attraverso l’emissione di titoli europei, comprati dalla Bce.
A proposito di Bce, pensa che le politiche delle banche centrali possano ancora essere utili per contrastare il rallentamento economico?
Contrastare sì, nel senso che l’emissione di liquidità all’economia ha degli effetti temporanei: non crea crescita, ma impedisce crisi come quelle degli anni Trenta. Però vale il vecchio detto che se il cavallo non ha sete non beve anche se c’è l’acqua.
Intanto sta riapparendo anche sui giornali l’ipotesi estrema dell’helicopter money…
Vede, quello che succede adesso è che vengono fatti girare gli elicotteri sulle città, vengono buttati fuori tanti dollari o tanti euro a seconda dei casi, ma questi non arrivano a terra, è come se ci fosse un gigantesco aspiratore che ne porta una grande parte verso un circuito puramente finanziario. Se si danno soldi i soldi alle banche, queste preferiscono investirli in fondi o in titoli di stato che non darli all’economia reale. Il problema poi è che le stesse imprese, visto il contesto non proprio roseo, non chiedono credito per investimenti: preferiscono vedere prima come si mettono le cose. Il denaro facile non basta.
(Lorenzo Torrisi)