Il recente scenario 2021-23 prodotto da Banca d’Italia è allarmante: Pil 2021 solo +3,8%, nel 2022 solo +3,5% e circa +2,2% nel 2023. Il significato: viste le attuali condizioni dell’economia italiana – probabile calo del Pil 2020 tra il 9 e il 10% – e la politica economica in atto, l’ufficio studi di Bankitalia prevede un ritorno del Pil 2019 solo nel 2024, tra l’altro stagnante. Se così, un rimbalzo molto lento dell’economia fa ipotizzare la distruzione di una parte rilevante di essa nel prossimo triennio, con conseguenze di elevata e destabilizzante disoccupazione endemica.
Chi scrive non sa se Bankitalia abbia voluto segnalare con intenzione critica al Governo – fermo su una proiezione di crescita 2021 attorno al 6% – che sarebbe urgente e prioritario cambiare politica economica. Ma appare chiaro, sul piano tecnico, che questo debba avvenire rapidamente. Possibile?
Un’analisi semplificata mostra il punto principale. Il settore manifatturiero e l’export, pur colpiti dalla pandemia, vanno e andranno abbastanza bene. Quello dei servizi, dipendente dal flusso di persone, è stato massacrato dai blocchi precauzionali. Le unità economiche in esso stanno esaurendo le risorse, molte hanno già chiuso. Quindi è prevedibile che una parte rilevante dei produttori di circa il 25-30% del Pil italiano (13% turismo, il resto fatto da ristorazione, spettacolo, cura della persona, trasporti, ecc.) non riesca ad arrivare al momento in cui il mercato inizierà a tornare viabile (aprile-maggio). Un Governo serio, di fronte a questo scenario, erogherebbe in forma di ristoro una cifra sufficiente per tenere in vita le unità economiche a rischio, calcolando 4-5 mesi da adesso. Finora ha erogato ristori del tutto insufficienti.
Mancano i soldi? Un rapido calcolo mostra che i soldi ci sono, ma non vengono allocati in modo mirato dove l’emergenza economica è più grave, decine di miliardi dissipati. Sconvolgente, da correggere subito.