In questi ultimi mesi si è toccato spesso il tema sensibile del ruolo della Pubblica amministrazione per la ripartenza del paese. Due le questioni principali affrontate: la capacità di gestione del Recovery plan e come l’amministrazione stava affrontando le transizioni, digitale ed ecologica, in corso con tutte le sue ricadute nella vita di cittadini e imprese.
Ancora una volta è emerso, con tutta la sua drammaticità, l’assenza di competenze adeguate alle sfide del presente e la necessità di puntare, quindi, con forza su nuovi concorsi (che portino all’interno della Pa energie fresche) e sull’aggiornamento continuo delle persone che nelle amministrazioni già lavorano.
Recenti studi di Inapp hanno, in questa prospettiva, evidenziato come manchi, nel nostro paese, un disegno (una strategia) sulla formazione dei dipendenti pubblici. Il lavoro stesso, fortemente proceduralizzato, e legato al rispetto di adempimenti, non favorisce, da questo punto di vista, una progettualità rispetto ai percorsi di sviluppo e carriera delle persone.
La pandemia del Covid-19 ha, inoltre, messo in luce, “nuove” criticità rispetto, ad esempio, alla digitalizzazione della formazione e alla formazione alla (inevitabile) digitalizzazione. E lo stesso “smart working” è stato spesso immaginato come semplice strumento conciliativo e non come elemento importante per la spinta ad un possibile cambiamento organizzativo.
Per provare a dare risposta a questa e ad altre richieste di miglioramento, sono, tuttavia, già in campo alcune proposte su cui i decisori politici dovrebbero/potrebbero riflettere. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla definizione di nuovi dispositivi e strumenti per la formazione dei pubblici dipendenti quali la creazione di “centri di competenza” centrali che devono servire a diffondere una strategia di gestione del personale e una maggiore “customizzazione” della formazione attraverso la predisposizione e l’implementazione di ”pacchetti” e programmi, settoriali e graduali, che vadano nelle amministrazioni e che cambino, passo passo, il sistema di gestione del personale nel suo complesso.
Si potrebbero, poi, immaginare nuove logiche di indirizzo della formazione che privilegi l’empowerment di chi lavora, a tutti i livelli, nelle pubbliche amministrazioni. Questo significherebbe, prima di tutto, “dare un senso [a chi ci lavora], un valore, un obiettivo e le competenze giuste”. Necessaria, quindi, una capacità di digitalizzare, e riscrivere, i processi decisionali nonché gli assetti organizzativi delle amministrazioni alla luce delle trasformazioni connesse alla digitalizzazione.
Le idee, insomma, per consegnare all’Italia del futuro uno Stato se non “amico” se non altro efficace, efficiente e competente, già sembrano esserci. Grazie al Recovery Plan non dovrebbero mancare nemmeno le risorse.
Sta ora alla politica, a partire dal Governo, compiere le scelte giuste. Il consiglio, non richiesto, è quello di non promettere, come in passato, improbabili rivoluzioni, ma scommettere su un lavoro serio, e certosino, di riforma che metta al centro le tante persone valide, e di buona volontà, che operano nella Pubblica amministrazione al servizio della comunità.