Una finanza “buona” (per usare il distinguo adottato da Mario Draghi per classificare il debito pubblico), ossia “una finanza che crei valore per tutti i soggetti coinvolti”; una strategia delle aziende sustainability oriented, che regoli le sue policy anche in un’adeguata riconversione; un’attenzione speciale alle persone e all’impatto sociale e ambientale del loro agire; i processi, inseriti anche questi nella filiera della sostenibilità; e infine le tecnologie digitali.



Sono i cinque percorsi riassunti al Meeting di Rimini (all’incontro su “Sostenibilità e… finanza sostenibile” in occasione della presentazione del Rapporto annuale della Fondazione per la Sussidiarietà) da Fabrizio Palermo, Ceo di Cassa depositi e prestiti, l’istituzione finanziaria che ha per mission appunto “lo sviluppo sociale ed economico del Paese secondo un criterio di sostenibilità”: un’ottica di lungo periodo, a vantaggio della collettività. Di estrema, drammatica attualità gli argomenti al centro dei lavori a Rimini: come sta reagendo la finanza ai danni causati dalla pandemia da Covid-19? Sotto la pressione di questa nuova crisi, il mondo finanziario è chiamato a guardare alle derive che lo avevano portato alla grande crisi del 2008. Oggi più che mai è urgente capire come sta cambiando il suo rapporto con l’economia reale e qual è il suo contributo allo sviluppo sostenibile.



“In quest’anno abbiamo sostenuto investimenti nell’economia per un valore pari a 2,4% del Pil, raggiunto 20.000 imprese, prevalentemente PMI, e creato oltre 600 mila occupati grazie agli impatti diretti, indiretti e indotti – ha detto Palermo -. Oggi però è necessario anche un ripensamento complessivo del progetto di sviluppo. Le aree che abbiamo identificato per individuare un nuovo modello di sviluppo sono cinque: una finanza che giochi un ruolo chiave come abilitatore dell’economia. Alla finanza si affianca la strategia delle aziende, che si orienti alla sostenibilità come direttrice di sviluppo, soprattutto per quei settori che possono convertire i propri modelli di business, come abbiamo fatto in Cdp inserendo nelle nostre strategie gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030. Poi vengono le persone, che devono essere sensibilizzate rispetto all’impatto sociale e ambientale del proprio operato. A proposito dei processi, in Cdp abbiamo modificato lo statuto per inserire lo sviluppo sostenibile nel perimetro di intervento aziendale: oggi le valutazioni di sostenibilità in Cdp sono incorporate nella fase di pianificazione dei futuri finanziamenti. Infine, le tecnologie digitali: in Cdp abbiamo investito nella digitalizzazione e nell’upgrade tecnologico, questo ha consentito la piena operatività sin dai primi giorni di lockdown. Le nostre priorità oggi sono una rete digitale all’avanguardia per il Paese, un cloud pubblico privato e la creazione di campioni nazionali nel settore dei pagamenti e della cyber security”.



Dietro ai cinque punti ricordati da Palermo, vi è anche il nuovo lavoro progettuale che ha portato Cdp a individuare in Italia vari “acceleratori” possibili, spesso tematici: è l’Italia dei distretti, dove Cdp intende incentivare l’innovazione e la formazione degli operatori, che spesso la determina. “Ci stiamo muovendo, ad esempio, sul turismo, ma sono tanti i settori che possono proficuamente essere accelerati” aveva detto pochi giorni fa lo stesso Palermo, facendo anche riferimento al fondo da un miliardo predisposto per le start-up. “L’Italia ha tante eccellenze dove si possono esprimere nuove potenzialità. Noi vogliamo cercare di agevolare questa crescita”.