Il Documento di economia e finanza prosegue il suo iter parlamentare che dovrebbe concludersi in tempi brevi, così da dare il disco verde allo scostamento di bilancio da 40 miliardi per finanziare nuovi interventi a sostegno delle imprese e lasciare il poco tempo che resta alla fine del mese perché il Parlamento dia il via libera al Piano nazionale di ripresa e resilienza che il Governo dovrebbe esaminare oggi. Durante l’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def, il ministro dell’Economia Daniele Franco ha ricordato che il debito pubblico “è molto elevato e va ridotto”, anche perché “gli aiuti della Bce e dell’Unione europea non sono eterni”.
Per Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, la sostenibilità del debito dipende principalmente «dal tasso di crescita del Pil di quest’anno e degli anni a venire. Non c’è dubbio che se vi fossero passi indietro sulle riaperture appena decise, con la convinzione che occorra prima raggiungere quota zero contagi, ci muoveremmo nella direzione sbagliata. Dobbiamo quanto più possibile mirare alla crescita, anche creando condizioni per lo sviluppo turistico in vista della stagione estiva».
Quali altri misure bisognerebbe adottare per stimolare la crescita?
Dopo l’introduzione del Decreto dignità, il mercato del lavoro è diventato troppo rigido: bisognerebbe quindi renderlo più flessibile in un momento in cui occorre aumentare l’occupazione. È poi fondamentale che ci siano più investimenti possibili. Dobbiamo però fare attenzione a un aspetto importante, tanto più ora che arriveranno anche le risorse del Recovery fund.
A che cosa bisognerà fare attenzione?
Dobbiamo cercare di avere il più possibile imprese private italiane, evitando nazionalizzazioni, e fare in modo che le risorse europee vengano utilizzate principalmente da soggetti fuori dal perimetro statale. L’ideale sarebbe aprire le imprese pubbliche ai finanziamenti sul mercato, come già avviene per Eni ed Enel, pensando per esempio alla quotazione in borsa di FS. E dovremmo evitare operazioni come quella dell’ingresso di Invitalia in ArcelorMittal Italia. Bisognerebbe che al posto del soggetto pubblico vi fosse un gruppo di operatori siderurgici privati italiani come Arvedi.
Perché ritiene così importante limitare l’intervento pubblico nell’economia?
Perché dobbiamo far crescere il Pil utilizzando un sistema di finanziamento il più possibile esterno al perimetro dello Stato. Questo consentirà di far crescere il denominatore, il Pil, senza far aumentare il numeratore, il debito pubblico, ma anzi diminuendolo. È chiaro che a quel punto il rapporto debito/Pil sarebbe avviato su un percorso di riduzione e sostenibilità.
La settimana prossima il Governo presenterà al Parlamento il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si potrà tenere conto degli aspetti che sta evidenziando?
Certo, perché con il Pnrr si individuano i progetti, non gli operatori che devono realizzarli. Se possibile bisogna affidarsi a imprese private, anche nella transizione ecologica, nella digitalizzazione. Ovviamente ci saranno progetti che, come l’alta velocità ferroviaria, i privati non farebbero perché non remunerativi. Questi andrebbero limitati quanto più possibile. E credo sarebbe importante continuare a puntare su strumenti come il superbonus al 110%, capaci di mettere in moto un moltiplicatore importante di crescita economica, a vantaggio oltretutto di imprese italiane, distribuite capillarmente sul territorio. C’è poi un altro accorgimento che si potrebbe attuare.
Quale?
Fare in modo che ci sia meno debito statale e più debito degli enti locali. Vedrei anche positivamente la possibilità che siano le imprese regionali e comunali ad accedere, insieme a soggetti privati, ai fondi europei, al massimo con una piccolissima quota statale di garanzia, in modo da contenere l’indebitamento pubblico.
Un’ultima domanda professore. Ieri si è riunito il board della Bce. Pensa che nei prossimi mesi possano venir meno le politiche espansive dell’Eurotower.
No, non credo. Oltre all’Italia, anche la Spagna non è messa bene. Ma soprattutto a non essere in condizioni ottimali è la Francia. Quindi non ritengo ci possa essere un’inversione di rotta nelle politiche monetarie nel breve termine.
(Lorenzo Torrisi)
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