Il capitale umano al centro. Bruno Scuotto, presidente di Fondimpresa – e cioè del principale fondo interprofessionale italiano partecipato da Confindustria Cgil, Cisl e Uil – è da sempre un amico del Meeting di Rimini. Quest’anno, pur seguendo a distanza, si ritrova perfettamente lungo la linea tracciata da Giorgio Vittadini con il suo articolo sul Sole 24 Ore del 14 agosto e l’intervento di apertura della kermesse affidato il 18 a un Mario Draghi sempre più in versione super. Soprattutto, osserva Scuotto, è confortante che si torni a parlare un linguaggio che dia prospettiva e coraggio ai giovani di buona volontà. Un linguaggio, insiste, capace di accendere quel brillìo negli occhi auspicato da Juliàn Carròn, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione.



Presidente, che cosa l’ha colpita in particolare?

Mi sembra di poter dire che si stia rilanciando la speranza di edificare un Paese migliore. Con il suo discorso, in linea con quello pronunciato nel 2009 nello stesso contesto, Draghi ha riportato il dibattito pubblico su un terreno di verità e concretezza. Dobbiamo fare in modo che i suoi moniti non vadano dispersi.



Un invito alla politica?

Alla politica e non solo. L’invito a saper distinguere il buono dal cattivo, a cominciare dal debito che si dovrà ripagare, è rivolto a tutti noi. In particolare, naturalmente, a chi svolge qualche incarico di responsabilità.

Non è la prima volta che l’ex Presidente della Bce sferza con stile il ceto dirigente italiano. Con quali risultati?

L’autorità professionale e la forza morale di Draghi sono tali che nessuno può fare spallucce alle sue raccomandazioni. Dobbiamo fare i conti con i suoi insegnamenti se vogliamo conquistare la fiducia dei mercati e dei nostri partner europei.



Soprattutto ora che si prospetta l’assegnazione di oltre 200 miliardi di euro per la ripartenza post pandemica…

L’Italia potrà ricevere il più alto contributo tra i paesi dell’Unione se solo saprà indicare una strada percorribile fatta di riforme e investimenti produttivi. Dobbiamo dimostrare di essere degni dell’apertura di credito dell’Europa, di puntare sulla crescita e non sulla mera assistenza.

Più facile a dirsi che a farsi. Non crede?

La sfida, come si dice, è epocale. Dobbiamo compiere tutti insieme un salto prima di tutto culturale. Sappiamo di essere a una svolta e di non poter sbagliare direzione: da una parte la scossa elettrizzante del futuro, dall’altra la stanchezza di un presente pieno di criticità non risolte.

Quale sarà la killer application, la soluzione vincente, per conquistare un domani migliore?

Chiesto a me, la risposta non può essere che formazione, formazione, formazione. Ma sono certo che oggi non sfugga a nessuno il compito strategico di una funzione che ci deve mettere tutti in sintonia con gli anni e i decenni a venire.

Che ruolo gioca Fondimpresa in questa partita?

Il nostro sforzo è massimo nel ricercare i migliori percorsi per introdurre al lavoro i giovani, che restano in cima alle nostre preoccupazioni, e per recuperare l’esperienza dei meno giovani che faticano a rientrare nel ciclo produttivo una volta espulsi.

Quanti e quali ostacoli incontrate sul vostro cammino?

Gli ostacoli sono essenzialmente frutto di un nostro errore che stiamo cercando di superare accentuando la comunicazione e rendendo i nostri interlocutori più consapevoli del contributo che un’istituzione come la nostra può dare alla ripresa nazionale.

Per esempio?

Per esempio nell’implementazione delle cosiddette politiche attive dalle quali si potrebbero ricavare molti posti di lavoro.

Chi le dà questa certezza?

I buoni risultati che abbiamo conseguito con l’utilizzo dello 0,25 per cento dei contributi ricevuti e che potrebbero essere ancora di più se ci venisse restituito lo 0,5 per cento mancante e trattenuto alla fonte senza giustificato motivo.

A quanto ammonta questo prelievo?

Solo per Fondimpresa 61,5 milioni che diventano 120 se consideriamo l’intero panorama dei fondi interprofessionali italiani.

Che cosa le fa pensare che queste risorse possano essere restituite ai legittimi destinatari?

Proprio l’esortazione di Draghi, così applaudita, sulla necessità di far rendere al meglio le risorse disponibili e quelle che verranno. Noi siamo degli attori professionali e con poco abbiamo già creato 5.000 nuovi occupati. Chiediamo di essere messi in condizione di fare di più.

Si dirà che i bisogni del Paese sono molto più elevati…

E io rispondo con papa Francesco: la mancanza di lavoro recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società.

E dunque?

Ogni sforzo, anche il più piccolo, non sarà mai vano. Rimbocchiamoci le mani e predisponiamoci a fare al meglio il nostro mestiere. Tutti, nessuno escluso.