Ha sostenuto in più occasioni che l’industria italiana del turismo ha bisogno di un piano strategico di medio termine, che consenta di fare impresa con modelli nuovi, nuove risorse e nuovi investimenti, soprattutto adesso, quando si dovrebbe cominciare a programmare la ripartenza. Aveva parlato di un “new normal delle destinazioni”, un salto qualitativo negli strumenti: un’evoluzione del modello di impresa, con progetti di sviluppo dei prodotti e investimenti nelle strutture. Lui è Antonello De’ Medici, general manager dell’Hilton Molino Stucky di Venezia (gruppo Marseglia), consigliere di presidenza di Federturismo Italy, delegato di Confindustria Turismo Veneto e presidente di EBIT Veneto, con esperienze dirigenziali anche al Danieli, al St. Regis Venice e al Venice Starwood hotels Marriott.
Direttore, adesso il settore può contare su un ministero dedicato. Servirà per attuare il piano strategico che lei invoca da tempo?
Spero di sì. Ho avuto alcuni contatti con il ministro Garavaglia, ricavandone l’impressione di una persona molto disposta ad ascoltare e con una buona attitudine verso i nostri problemi e la nostra caratura economico-finanziaria. Certo, gli strumenti forniti fino ad ora, da quelli sulla liquidità a quelli sugli ammortizzatori sociali, hanno fornito supporti nel breve, ma non hanno dato alle imprese quella visione di piano di recupero e di stimolo a superare la fase assistenziale. Il problema è che l’industria del turismo non può ripartire d’incanto, dall’oggi al domani. Servono metodo, regole, risorse, chiarezza e relazioni internazionali. Si parla di due miliardi in arrivo con il Recovery: sembrano tanti, ma se si dividono tra tutta la platea di operatori… In ogni caso, non si può lavorare aspettando bonus o provvidenze, bisogna che l’imprenditore torni a fare l’imprenditore, con un unico obiettivo: la competitività.
Quando parla di relazioni internazionali, intende i corridoi turistici?
Beh, anche, ma secondo me occorre che il Turismo (nel senso del ministero) dialoghi con l’Economia, con il Lavoro, con la Salute e con gli Esteri, per poter arrivare a protocolli omogenei almeno nell’Unione europea: le regole devono essere uguali per tutti. Non è possibile che in Friuli, per fare un esempio, si possa entrare al ristorante solo esibendo il Green pass e pochi metri più in là, oltreconfine, invece no. Regole univoche, dunque, non ansiogene o schizofreniche. Il ministero è chiamato a fare da collante tra tutte le competenze chiamate in causa. E l’Europa deve iniziare ad occuparsi di una regia comunitaria più incisiva, per non lasciare spazio ad inopportune guerre tra poveri, con i singoli Paesi a decidere le mosse migliori per assicurarsi il mercato di prossimità.
La pandemia ha insomma evidenziato distrazioni generali e limiti strutturali del settore turistico?
Certo che sì. Si pensi ad esempio alla grave carenza di personale qualificato registrata quest’estate. Serve sicuramente più formazione, per creare più competenze a garanzia della qualità dei servizi. Sono meccanismi indispensabili per rimettere in moto la macchina. E non è mai troppo presto rivolgere all’industria del turismo l’attenzione che merita, quale asset fondamentale per un Paese come il nostro, e volàno per un traino complessivo della nostra economia.
Una macchina che comunque tra luglio e agosto ha ricominciato a girare alla grande…
È vero, ma non bastano due mesi per gridare vittoria. Serve pianificazione. Noi stiamo già lavorando per il 2022. Questa estate è stata buona, con volumi decisamente superiori alle attese, e risposte positive anche dai mercati europei, con solo qualche intoppo dovuto alle norme anti-Covid. Però i turisti Usa, Uk e asiatici Venezia non li ha ancora visti. Ma non solo Venezia: un po’ tutte le città d’arte sono in affanno da troppi mesi, con timidi, troppo lenti tentativi di recupero. Manca, ripeto, qualsiasi pianificazione: adesso a Venezia andrà in scena la Mostra del cinema, ma per tutto agosto il calendario era praticamente in bianco. Non può andare bene così.
E dire che si è parlato di vaporetti stracolmi e della ricomparsa dell’overtourism, tanto che si è programmato per il prossimo anno l’ingresso a numero chiuso.
Ma il vaporetto stracolmo spesso è dovuto solo alla rarefazione delle corse: nessun evviva. Invece si è registrato un seppur contenuto incremento dei pernottamenti di famiglie, con medie non più di un giorno e mezzo, ma due e mezzo. È un dato non frutto di pianificazione, ma autogenerato, ma anche questo sarebbe da considerare, magari nella programmazione degli spazi delle strutture della ricettività, spesso poco adeguate ad ospitare nuclei interi.
All’Hilton la stagione come sta proseguendo?
Bene, abbiamo a disposizione 379 camere, con un’occupazione al 79% e con ospiti stranieri (per noi da sempre presenze importanti) che rappresentano il 70% del totale. Siamo più o meno sui valori del 2019, pre-pandemia, ma con un mix diverso nella composizione della clientela, nella tipologia di esigenze e via dicendo.
E il segmento MICE (meeting, incentive, conference, exibition)?
Ci sono segnali di ripresa, è un settore che solitamente rappresentava da solo il 50% del nostro business. Oggi anche questo ha nuove esigenze e metodi. Noi siamo intervenuti per tempo con investimenti per potenziare il wifi, e per una nuova piattaforma multimediale, il tutto a garanzia di incontri sia in presenza che in remoto in tempo reale. Anche per i meeting le regole e le abitudini sono nuove: bisogna in fretta adeguarsi.
(Alberto Beggiolini)
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