La fiducia delle imprese italiane a maggio ha raggiunto il livello più elevato da febbraio 2018, mentre quella delle famiglie, sottolinea l’Istat, “si avvicina al livello di febbraio 2020 segnalando un recupero completo rispetto alla caduta dovuta all’emergenza sanitaria”. Dati che sembrano rafforzare la possibilità che l’Italia cresca anche oltre il 4,5% stimato dal Governo nel Def, soprattutto perché l’aumento registrato dai due indici è collegato al miglioramento dei giudizi e delle aspettative sulla situazione economica del Paese.



Vittorio Coda, Professore emerito dell’Università Bocconi, dove ha insegnato Strategia e Politica Aziendale, ci spiega che in effetti «dopo un anno in cui molti italiani non hanno potuto spendere per viaggi e ristoranti, aumentando quindi i loro risparmi, c’è una grande voglia, come si è anche visto negli scorsi fine settimana, di andare a mangiare fuori, di spostarsi. Ciò si traduce in una ripresa dei consumi. Nel frattempo la produzione industriale delle nostre multinazionali tascabili non ha perso colpi e l’export ha tenuto».



Potremo quindi contare anche sulla ripresa del turismo e dei servizi?

Il settore dei servizi ha subito un contraccolpo importante. I ristori erogati in questi mesi non sono certamente stati in grado di coprire le perdite subite, ma hanno consentito in buona parte la sopravvivenza di diverse attività che ora sono pronte a cogliere la ripresa. Per quanto riguarda il turismo, mi auguro che gli italiani si orientino a passare le vacanze nel loro Paese e che quest’ultimo sia a sua volta in grado di attirare molti stranieri, anch’essi desiderosi di viaggiare e con possibilità di spendere dopo mesi di restrizioni. Tutto questo è importante per la crescita del Pil.



Quanto è concreto il rischio che ci sia una ripresa del Pil senza una ripartenza dell’occupazione?

È verosimile che avremo una ripresa dei consumi che farà compiere un balzo importante all’economia. Tuttavia, vi sono attività che non torneranno ai livelli precedenti il Covid. Alcune sono legate al mondo dei trasporti e nei mesi scorsi abbiamo, per esempio, scoperto che tante riunioni si possono fare a distanza tramite piattaforme digitali evolute e facili da utilizzare. Questo vuol dire che ci saranno meno viaggi in treno o in aereo per lavoro. Immagino anche che diverse aziende saranno più flessibili rispetto al passato nel concedere la possibilità ai propri dipendenti e collaboratori di lavorare da casa.

E anche questo impatterà sul comparto dei servizi…

Sì, avrà conseguenze sulle strutture di ristorazione presenti nel centro delle grandi città, per esempio a Milano, che potrebbero essere sovradimensionate rispetto a una domanda che sarà verosimilmente più bassa rispetto a quella ante Covid. Occorre avere ben in mente che il ritorno a una “vita normale” non sarà un ritorno alla vita di prima. Sarà una vita diversa. E per certi versi potrà essere anche un bene.

Per esempio?

Le aziende nel lockdown sono state costrette a dare fiducia alle persone, a fidarsi che avrebbero lavorato anche da casa. Ed esse, generalmente parlando, ha risposto al di là di ogni aspettativa. Mi auguro che non si facciano passi indietro su questo terreno, ma che si vada avanti su questa strada, che è quella della responsabilizzazione e della crescita umana e professionale dei collaboratori, con impatti positivi sui livelli di soddisfazione e produttività.

Intanto però assistiamo a uno scontro tra Confindustria e sindacati riguardo la fine del blocco dei licenziamenti. Cosa ne pensa?

Posso dirle di ritenere che i provvedimenti generalizzati non aiutino, perché le situazioni non sono tutte uguali. Bisogna calarsi nella realtà dei diversi settori e, al loro interno, delle imprese anche per capire dove ci sono aziende che hanno bisogno di ristrutturarsi. Questo è un aspetto molto importante.

Perché?

Perché, per creare posti di lavoro, in certi casi bisogna passare attraverso ristrutturazioni. Per esempio, la Sapio, impresa eccellente – che tra l’altro si è prodigata al massimo in questa fase di emergenza sanitaria per rifornire di ossigeno le strutture ospedaliere – sino a non molti anni fa versava in una situazione critica e ha dovuto passare attraverso una ristrutturazione gestita con grande attenzione alle persone. Questa ha sì richiesto il taglio di qualche centinaio di posti di lavoro, ma ha consentito poi il rilancio dell’azienda con investimenti di sviluppo che hanno portato alla creazione di nuovi posti di lavoro in numero ben più alto di quelli che erano andati perduti. I sindacati devono capire che, se veramente vogliono creare occupazione, non possono arroccarsi in una difesa indiscriminata dell’esistente, perché può essere necessario passare attraverso ristrutturazioni. Così si genera il flusso di cassa per sostenere investimenti di sviluppo e creare nuovi posti di lavoro.

(Lorenzo Torrisi)

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