La legge sul ripristino della natura è entrata in vigore domenica 18 agosto 2024, con l’obiettivo di ripristinare la biodiversità dell’UE, raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, nonché migliorare la sicurezza alimentare dei cittadini europei. Da un punto di vista pratico, gli Stati hanno due anni di tempo per adottare piani nazionali di ripristino che devono contenere dettagliatamente la strategia per raggiungere gli obiettivi imposti dal regolamento europeo, uno dei pilastri del green deal europeo. I piani di ripristino nazionali devono includere un cronoprogramma, indicare le risorse finanziarie necessarie e i mezzi di finanziamento previsti, nonché i benefici auspicati.



«La Commissione valuterà le bozze dei piani e potrà formulare osservazioni di cui gli Stati membri dovranno tenere conto nei loro piani definitivi. Entro sei mesi dal ricevimento di eventuali osservazioni, ogni Stato membro deve finalizzare il proprio piano, pubblicarlo e presentarlo alla Commissione», recita il comunicato europeo sulla legge sul ripristino della natura. Verranno poi preparate relazioni tecniche per analizzare i progressi.



COSA PREVEDE LA LEGGE SUL RIPRISTINO DELLA NATURA E GLI OBBLIGHI

Nello specifico, ogni Stato deve ripristinare almeno il 30% degli habitat che si trovano in cattive condizioni entro il 2030, salendo al 60% entro il 2040 e arrivando al 90% entro il 2050. Il governo italiano si è duramente opposto all’approvazione della legge sul ripristino della natura, infatti ha votato contro, mentre il Belgio ha scelto la strada dell’astensione. La contrarietà dell’Italia è legata ai timori per gli effetti negativi che questa legge potrebbe avere per l’agricoltura, paura condivisa anche da Confagricoltura e Coldiretti. Dopo mesi di stallo a livello politico in Europa, la legge è stata approvata definitivamente nel Consiglio europeo di giugno.



Per quanto riguarda nello specifico gli obiettivi della legge sul ripristino della natura, i governi nazionali devono adottare misure in almeno il 20% delle aree terrestri europee, nel 20% di quelle aree marine entro il 2030. Invece, entro il 2050 ciò dovrebbe riguardare tutti gli ecosistemi.

Gli obblighi riguardano gli Stati, non agricoltori e proprietari terrieri, ma inevitabilmente ci saranno ricadute per loro, visto che vanno modificate le politiche agricole.

IL LEGAME TRA ECONOMIA ED ECOSISTEMI

La  legge sul ripristino della natura nasce anche dalla consapevolezza che il degrado della natura ha costi economici molto elevati e che ogni euro investito nel ripristino può garantire un ritorno di oltre 8 euro, in base all’ecosistema. L’Unione europea evidenzia che «più della metà del PIL mondiale dipende dalla natura e dai suoi servizi».

Nell’Eurozona ci sono poi 3 milioni di aziende che, secondo la Bce, dipendono fortemente da almeno un servizio ecosistemi per la produzione dei loro beni o per fornire i loro servizi, di conseguenza la perdita di funzionalità di tali ecosistemi «causerebbe problemi critici per queste aziende e per l’economia europea».

L’Ue aggiunge che «il ripristino e il mantenimento della biodiversità negli ecosistemi agricoli, marini, forestali e di altro tipo è economicamente redditizio e garantisce una produzione più resiliente e stabile di prodotti agricoli e ittici, nonché di legname e altri materiali per la bioeconomia».