È un voto storico di un tassello cruciale del Green Deal. Così hanno definito l’approvazione di regolamento per il ripristino degli ecosistemi degradati secondo l’impostazione avanzata dalla Commissione. È stata invece bocciata per soli 36 voti la proposta di rigetto del regolamento presentata dagli europarlamentari sovranisti rafforzati dall’inatteso assist di Manfred Weber, leader dei Popolari, il più numeroso schieramento nell’aula di Strasburgo e, anche all’ultimo, dall’intervento di una parte di liberali di Renew Europe. Queste insolite alleanze sono state interpretate dai politologi come una proiezione delle nuove possibili intese nel Parlamento europeo post-elezioni del giugno 2024.
Il voto di ieri in sessione plenaria ha concluso settimane di accesi contrasti tra il mondo ambientalista e quello rurale. La proposta, denominata Nature Restoration Law, rientra tra le misure decise dalla Commissione in diversi settori per rendere l’Ue più resistente agli effetti del riscaldamento globale: dalla fine dei motori endotermici al bando degli imballaggi di plastica. Ci si prefigge di riparare entro il 2030 almeno 20% degli habitat marini, urbani e agricoli europei che versano in cattive condizioni, e regolamentare l’uso sostenibile dei pesticidi.
A margine di una combattuta battaglia parlamentare a caccia di ogni singolo voto, a fianco degli attivisti si sono mobilitati anche seimila scienziati di oltre 60 pPaesi (erano rappresentati tutti gli Stati comunitari) che hanno firmato un appello. Questi studiosi di clima, ambiente e agricoltura contestano che i limiti alle attività agricole previsti dal regolamento mettano a rischio la sicurezza alimentare come sostenuto dal fronte degli avversari alla legge. Secondo questi ultimi, il ripristino della natura si può fare solo insieme agli agricoltori e non contro di loro. Sulle possibili implicazioni vale ricordare quanto accaduto recentemente in Olanda. Alle elezioni della scorsa primavera, il neonato partito degli agricoltori-cittadini (BBB), con un posizionamento conservator-populista, ha raccolto più consensi dei blasonati partiti della coalizione di governo, facendo leva sullo scontento diffuso a seguito dell’inasprimento delle norme sulle emissioni relative all’allevamento intensivo.
Questa legge è buona anche per chi ha votato contro, ha affermato il deputato e capo negoziatore César Luana. Se l’adozione del regolamento è cosa fatta, la partita è tutt’altro che conclusa. Il testo con 140 emendamenti dovrà passare alla Commissione ambiente dov’era stato, in precedenza, bocciato. Quindi prenderanno avvio i negoziati con gli Stati membri per perfezionare le disposizioni e creare un testo di compromesso che potrebbe essere più o meno smussato rispetto alla proposta iniziale di Franz Timmermans, commissario europeo per il Clima e il Green Deal. La strada rischia di essere ancora lunga e divisiva. Lo scorso giugno al Consiglio europeo, i ministri dell’Ambiente di Austria, Belgio, Finlandia, Polonia, Svezia e Italia avevano votato contro l’accordo sul ripristino degli ecosistemi in quanto pur riconoscendo la portata innovativa dello strumento, il testo non assicurava un adeguato bilanciamento tra obiettivi, fattibilità e rischi.
L’appoggio dell’Europarlamento all’ultimo atto legislativo del Green Deal è una buona notizia per la consacrazione del lascito climatico della Commissione, ma forse rischia di essere un regalo politico ancora migliore per il fronte delle destre. Queste hanno fiutato il crescente scontento dell’Europa produttiva riguardo alle misure comunitarie per ridurre nel giro di 7 anni il 55% i gas serra di un continente che oggi contribuisce con meno dell’1% alle emissioni globali. Dai campi alle manifatture, maturano le critiche sull’efficacia e applicabilità di politiche mosse da nobili e buone intenzioni ma decise da eurocrati disconnessi dalla realtà e scaricano su industrie e le famiglie dei costi insostenibili sabotando la competitività europea. Giocoforza che diventi l’agenda elettorale delle destre sovraniste e populiste capaci di intercettare una fascia trasversale di cittadini sensibili all’ambiente, ma risentiti dall’ambientalismo di Bruxelles.
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