Ripristinare entro il 2030 almeno il 20% di tutte le aree terrestri e marine dell’Unione europea per arrivare al 100% entro il 2050. È questo il principale obiettivo della nuova legge sul Ripristino della natura, approvata dal Parlamento europeo in una votazione che ha spaccato a metà l’emiciclo, con tutta l’estrema destra e parte del Partito popolare europeo schierati contro la proposta. Alla fine, dunque, è prevalso il fronte del sì, con 336 voti favorevoli, 300 no e 12 astensioni.



Bruxelles, insomma, non accoglie la richiesta di rigetto della misura e, con una votazione tutt’altro che scontata, dà disco verde al proseguimento dell’ambizioso piano della Commissione, che si candida a diventare uno degli elementi chiave del Green New Deal. Va detto, tuttavia, che quello incassato ieri è solo un primo step, perché ora la parola passa al Consiglio europeo che dovrà arrivare al testo definitivo della legge.



Intanto, però, l’esito della votazione incassa – anche in questo caso in modo tutt’altro che scontato – una, seppur iniziale, buona accoglienza da parte di quelle Associazioni di categoria del mondo agricolo che fino a qui avevano osteggiato il provvedimento. E questo perché il testo prevede l’esclusione degli ecosistemi agricoli dalla portata della legge. E perché sempre nel testo sono stati inseriti altri emendamenti chiave in grado di alleggerire l’impatto dell’impianto normativo sul settore. Emendamenti che, nello specifico, prevedono l’eliminazione dell’obiettivo di riduzione del 10% della superficie agricola produttiva, avanzano la richiesta di utilizzare fondi esterni alla Politica agricola Comune (Pac) e introducono il riferimento al rispetto del principio di reciprocità per i prodotti importati.



Si tratta della conferma dei numerosi dubbi posti da diversi Paesi e molti eurodeputati, ai quali va il ringraziamento di Coldiretti, su una proposta che, così come formulata dalla Commissione – spiega il Presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – andrebbe a penalizzare il settore agricolo portando una pesante riduzione del potenziale produttivo, con un conseguente e significativo aumento delle importazioni di prodotti dannosi per il consumatore e per l’ambiente da Paesi terzi”.

E dello stesso tenore è la valutazione del presidente di Copagri, Tommaso Battista: “Guardiamo con favore alla cancellazione dell’articolo 9 del testo, tra quelli di maggiore interesse per il comparto primario in quanto prevedeva il ripristino degli ecosistemi agricoli, con cui sembrerebbe si vada di fatto a escludere i produttori agricoli dall’ambito di applicazione del testo”. Un punto sui cui concorda anche il Presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini: “Prendiamo atto dell’attenzione da parte del Parlamento Ue alle istanze dell’agricoltura, escludendola, con la cancellazione dell’articolo 9, dall’applicazione della legge sul ripristino della natura”.

La partita, però, è tutt’altro che conclusa. Così come tutt’altro che risolti sono i nodi ancora da sciogliere. “Ripristinare gli ecosistemi in cattive condizioni – osserva Coldiretti – è un obiettivo che può certamente accomunare tutti i portatori di interesse coinvolti e per il quale è necessaria un’azione coordinata, ma occorre ora che la Commissione europea valuti a fondo gli ‘effetti collaterali’ della sua proposta, che andrebbe pesantemente a minare la sovranità alimentare nazionale ed europea in un momento di grandi tensioni internazionali e rischia di alimentare inflazione e dipendenza dall’estero”.

Punta invece i riflettori sull’impatto che le misura potrebbe avere sui campi, Battista: “Pur condividendo pienamente gli obiettivi alla base della normativa comunitaria per la tutela della biodiversità, che mirano fra l’altro a invertire il preoccupante calo delle popolazioni di impollinatori, che come noto sono degli ‘indicatori’ naturali dell’inquinamento ambientale e dai quali dipende gran parte delle produzioni agricole, non possiamo mancare di ricordare i possibili rischi legati all’impatto di un simile provvedimento sull’agricoltura e, in particolare, sulle superfici agricole, dalle quali la tutela della biodiversità non può assolutamente prescindere”.

Infine, si sposta sul fronte economico Cia, che mette sotto la lente il tema dell’accantonamento del 10% per il ripristino della natura, non più vincolante per ogni singolo Stato membro, ma collettivo per l’Europa, come pure quello dell’istituzione del fondo per l’attuazione delle misure “perché non ricada, alla fine, sui singoli Paesi e i suoi comparti chiave”. Occorre, infatti, ben valutare l’impatto della misura “che vede l’Italia – ricorda Cia – quinto Paese contribuente con un impegno di spesa pari a 261 milioni di euro, rispetto alla Francia, al primo posto con circa 2 miliardi”.

Insomma, la carne sul fuoco è ancora parecchia. E la strada da percorrere pare lunga.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI