Negli ultimi venticinque anni in Italia è stata dedicata grande attenzione al tema della rigenerazione urbana, anche per effetto/stimolo di programmi e iniziative del Governo centrale che hanno progressivamente veicolato questo tipo di approccio nell’ambito di politiche e interventi dei governi locali. Minore attenzione è stata dedicata al tema della riqualificazione e manutenzione ordinaria delle città, un argomento divenuto di particolare importanza a seguito della crisi della finanza pubblica, dei minori trasferimenti statali agli enti locali e più in generale delle politiche di austerity o di spending review, diffuse, anche nel nostro Paese, a seguito della crisi economica post 2007-08 e dei vincoli di bilancio posti dall’Unione europea.
Oggi spesso le nostre città appaiono più trascurate, le manutenzioni di strade e spazi pubblici lasciano a desiderare, si ha la sensazione di aree, anche centrali, lasciate a sé stesse. Gli indicatori di questo degrado sono semplici, tanti e spesso variano da città a città: dalla qualità degli asfalti a quella di marciapiedi, dai parchi ai parcheggi. Si potrebbero fare molti esempi di questo abbandono: erbe infestanti, buche stradali, verde pubblico poco curato, ecc. I comuni lamentano di non avere risorse necessarie per curare aree molto vaste, in cui i processi cumulativi di degrado si sommano da anni. Gli oneri di urbanizzazione hanno risentito del forte calo delle attività edilizie e pertanto questa fonte di entrate dei comuni è notevolmente diminuita.
Di frequente si ha la sensazione di un mancato ruolo (o di un ruolo molto carente) del pubblico nella cura e nella manutenzione di questi ambiti che ogni giorno attraversiamo, in cui ci incontriamo e viviamo, e di come la scarsa qualità degli stessi influisca sulla qualità della nostra vita.
Da un lato, i soggetti privati possono attivare processi di manutenzione sui loro patrimoni (ad esempio, facciate di edifici) che possono completare il miglioramento degli spazi urbani. Tuttavia, la crisi di liquidità delle famiglie italiane, le incertezze economiche, una debole fiducia nel futuro, problemi su mutui, affitti e pagamenti vari (ad esempio, amministrazioni condominiali) non favoriscono la realizzazione di interventi sulle parti comuni.
Dall’altro, le difficoltà degli investimenti pubblici locali non sono dovute solo alla scarsità di risorse finanziarie, bensì a due ragioni generali.
In primo luogo alle modalità di assegnazione, con provvedimenti fondati su bandi ministeriali, interministeriali, della Presidenza del Consiglio, delle regioni, o di altri enti, che sono frammentati, occasionali e presentano obiettivi circoscritti, criteri di selezione non chiari e orizzonti temporali limitati. In pratica risultano deboli per efficienza, efficacia ed equità.
In secondo luogo, all’impoverimento complessivo delle capacità progettuali e organizzative, di visione strategica e di gestione corrente, nonché alla diminuzione (in molti casi drastica) delle risorse umane e delle professionalità di maggior livello nelle amministrazioni locali.
In altre parole, posto che negli anni scorsi molta attenzione è stata dedicata alla spending review, ma poca alla project review dei governi territoriali e delle amministrazioni pubbliche, per gli esiti degli interventi di riqualificazione e di manutenzione non vanno sottovalutati i meccanismi di assegnazione delle risorse dal centro (i bandi) rispetto ai fabbisogni reali di manutenzione e di riqualificazione. Questi ultimi sono troppo spesso collegati alle classi di popolazione dei comuni e con scarsa attenzione alla loro ineguale capacità di costruire progetti, politiche e strategie, che dipendono dalla debolezza delle strutture tecnico-amministrative (in particolare dei piccoli comuni).
Per queste ragioni, unite alla mancata coincidenza temporale tra i programmi e i bilanci dei diversi livelli di governo coinvolti, la riqualificazione e la manutenzione (e il loro finanziamento) rappresentano una sfida per i comuni italiani nel quadro più ampio di un’agenda urbana con al centro i temi e problemi di riuso, di riciclo e di rigenerazione il cui esito è in gran parte predefinito a livello centrale. Si tratta di tematiche di rilevante importanza per utilizzare il potenziale trasformativo ed economico delle città in aree e spazi a forte valenza rappresentativa e simbolica, in luoghi ed edifici caratterizzanti l’immagine veicolata all’esterno e con riferimenti identitari della memoria storica e iconografica.
Una sapiente azione in questa direzione può contribuire a mettere in luce e a “svelare” risorse nascoste e spesso ignote agli stessi abitanti (parte del patrimonio storico-culturale) e far capire come queste possano diventare motore di nuove occasioni di sviluppo. Anche l’ambiente sociale può apparire più vivace e il cambiamento può espandersi progressivamente, sostenuto da processi spontanei su aree sempre più vaste.
Pertanto, il ruolo delle politiche di riqualificazione/manutenzione urbana può essere centrale e influire su non poche variabili connesse all’attrazione di nuove popolazioni e ha ovvie ripercussioni su valori immobiliari, qualità della vita, degli spazi pubblici e dell’abitare (inteso in senso lato di abitare un ambiente urbano, una parte di città).
Inoltre, non vanno trascurati gli effetti macro-economici dell’attivazione degli investimenti a favore della riqualificazione e della manutenzione urbana, in tempi di crisi economica e di incertezza sull’utilizzo delle nuove (e inattese) risorse finanziarie che saranno disponibili nei prossimi anni.
Siamo in presenza da un lato di una domanda emergente e in larga misura insoddisfatta da parte delle città in cerca di risorse pubbliche e private necessarie per il loro funzionamento, e dall’altro di un’offerta di finanziamenti dal centro e di altri livelli di governo, in cerca di politiche da finanziare in periferia. Le modalità di finanziamento dal centro di progetti realizzati in periferia evidenziano le carenze derivanti dalle asimmetrie informative relative alla conoscenza dei problemi differenziati sul territorio e dai meccanismi di assegnazione delle risorse, discrezionali, instabili, poco responsabilizzanti rispetto all’uso delle risorse, nonché le debolezze delle valutazioni ex ante ed ex post. Tutto ciò giustifica una maggiore autonomia e responsabilizzazione verso i comuni.
I provvedimenti per il finanziamento di progetti e politiche per le città, prima i patti per le singole città, il piano città, i piani casa, il bando aree degradate, il bando periferie aree metropolitane, ecc., e ora il bando interministeriale per il restyling delle periferie dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze, dei Beni e delle Attività Culturali e delle Infrastrutture e dei Trasporti (del valore di 850 milioni di euro, stanziati dalla legge di bilancio per il 2020, ma riservato ai comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, circa 100) non sono orientati a finanziare politiche ordinarie di manutenzione urbana, desiderabili per tutti i comuni.
La programmazione pluriennale delle politiche di riqualificazione e di manutenzione e la programmazione pluriennale degli investimenti sono entrambe necessarie per il funzionamento e la qualità della vita nelle città. Per affrontare questa sfida le città dovrebbero poter avere a disposizione risorse finanziarie o fiscali proprie per programmazioni ordinarie e di lungo periodo e strutture tecnico-amministrative adeguate, per evitare le incertezze attuali derivanti dal ciclo politico-elettorale e dal finanziamento degli investimenti da parte del governo centrale.