Nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente il clima si sta riscaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale. In Terra Santa ha battuto i record di calore, con temperature che hanno raggiunto i 50°C nel Mar Morto nel 2019, o i 48,9 °C a Eilat nel 2020. Ad agosto 2023 il clima è stato tra i cinque più caldi registrati dal Servizio meteorologico israeliano dal 1950. Per quanto riguarda le precipitazioni invernali, se il loro volume rimane più o meno stabile, la loro durata ridotta aumenterà il rischio di inondazioni. Qui, i Muaddi, famiglia che vive a Taybeh, ultimo villaggio cristiano nella Cisgiordania occupata, coltivano ulivi, albicocchi, mandorli e limoni.



Nel 2011, Walid, il padre di Fouad, più giovane della famiglia, ha deciso di avvicinare la sua famiglia alla natura, costruendo con le proprie mani una casa alla quale non erano collegati né l’acqua corrente né l’elettricità. Fouad, appassionato di ingegneria agricola, ha reso invece la casa autonoma ed efficiente sotto il profilo delle risorse per combattere il riscaldamento globale. L’elettricità è prodotta da pannelli solari, l’acqua arriva dal cielo: c’è un serbatoio da 100 m3 che viene filtrata solo l’acqua destinata al consumo. La restante viene utilizzata tal quale per docce e lavanderia. C’è inoltre un ingegnoso sistema igienico-sanitario: le acque grigie vengono utilizzate per irrigare l’orto, le acque nere vanno in vasche dove un batterio del letame consuma gli elementi organici in modo reazione chimica che produce metano. Il gas viene poi re-iniettato in casa per riscaldare l’acqua.



Come funziona il “glamping” di Fouad

“Niente si perde, tutto si riutilizza”, spiega Fouad, che applica la stessa filosofia nell’orto. Il trentenne, che come sottolinea La Croix va contro il benessere della società palestinese, racconta: “Siamo liberi, non dipendiamo da nessuno per sopravvivere. Del resto credo che sopravvivere debba essere semplice come dice Gesù nel Vangelo: coltivare la terra e raccoglierne i frutti”. Fouad ha sempre pensato di guadagnarsi da vivere attraverso l’agricoltura: lavora inoltre presso l’ufficio relazioni internazionali di Ramallah. Dal 2019 è coinvolto in un progetto di ricerca presso l’Università di Birzeit: “Stiamo effettuando una selezione naturale dei semi per trovare piante locali che supportino il cambiamento climatico negli ecosistemi che riproducono ciò che accade in natura”, spiega l’appassionato.



Lui la chiama “agricoltura rigenerativa”, o “foresta alimentare”. “L’idea è ricreare ciò che accade nelle foreste: piante che si completano a vicenda, che si aiutano, si proteggono a vicenda. Questo sistema permette di produrre ciò che è necessario per nutrirci, contribuendo al tempo stesso alla rigenerazione permanente della terra”, spiega. Un esperimento portato avanti con le querce: “Abbiamo piantato più di 1.000 ghiande, ma quasi nessuna è cresciuta. Fa troppo caldo adesso per questa specie. Questo è un vero campanello d’allarme”. L’ultimo progetto è un “glamping”, per un “campeggio glamour”: ci sono dieci tende a campana sotto la proprietà, progettate con lo stesso approccio ecologico della loro casa. “Volevo che le persone scoprissero che è possibile vivere in modo alternativo e che potrebbero riconnettersi con la natura durante il loro soggiorno”, spiega Fouad.