Oltre 61mila morti tra giugno e settembre dell’anno scorso in 35 nazioni europee, di cui 18mila in Italia. I dati sono stati pubblicati da Nature e riguardano una stima dei decessi correlati al calore nell’estate dell’anno scorso, considerata finora la stagione più calda che sia mai stata registrata in Europa. L’attenzione verso la mortalità legata al caldo nelle regioni estive si è alzata non da ieri. A guardare le statistiche citate dalla ricerca, infatti, vent’anni or sono, nel 2003, i decessi nello stesso periodo di riferimento e per lo stesso motivo avevano superato quota 71mila, più di quelli registrati nell’ultima tornata. Segno che comunque, nella valutazione dei fenomeni, occorre tenere conto della variabilità annuale.
Annalisa Cherchi, ricercatrice Cnr-Isac, l’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima, spiega come i cambiamenti climatici e le variabili legate al clima possono influenzare le condizioni fisiche e di salute.
È corretto l’accostamento tra il numero di morti stimati nel 2022 per il caldo e il riscaldamento globale?
Non è forzato. Abbiamo metodi per valutare, in base a quanto è stato raccolto nel tempo, quanto questi numeri si possano discostare da quelli precedenti. E quindi in qualche modo associare i numeri più o meno alti proprio a qualche cosa che sta succedendo adesso, che non succedeva, ad esempio, 50 anni fa. Si può dire dal punto di vista statistico quanto questo sia straordinario rispetto alla normalità.
Il numero di morti è davvero più alto rispetto agli ultimi anni?
Questo è quello che dice la ricerca, considerando tutti i parametri statistici che permettono di dire che i numeri che rileviamo sono effettivamente diversi da quelli precedenti, ragionevolmente associati a quello che sta succedendo adesso e che non succedeva prima. Un anno dopo l’altro diciamo che quello trascorso è stato più caldo del precedente. Ed è destinato a essere così, perché siamo in un trend, in una fase in cui la temperatura globale sta aumentando progressivamente.
Ma fino a che punto possiamo dire che c’è un nesso causale tra le morti e l’aumento della temperatura sulla terra?
Non sono un medico, ma ci sono dei lavori che dimostrano come può reagire il corpo a temperature molto elevate e quindi spiegare come sia possibile a determinate condizioni, con temperature estreme, un aumento del rischio di determinate malattie. Lavori che verificano quali sono le condizioni del corpo umano e come queste cambiano quando variano le condizioni ambientali; quando, ad esempio, la temperatura supera una certa soglia, quando questa soglia è superata per un determinato numero di giorni o per un periodo prolungato o quando la notte è particolarmente calda rispetto a quello di cui la termoregolazione del corpo ha bisogno. Perché un parametro da tenere in considerazione è anche la differenza di temperatura fra il giorno e la notte. Ci sono anche delle relazioni rispetto a dove si vive, quello che succede in una città piuttosto che in un posto verde, dove c’è più vegetazione.
Quello climatico non è il criterio unico per valutare questi aspetti?
Non è il criterio unico. In questi casi, comunque, le morti riscontrate nel periodo estivo vengono associate dal punto di vista statistico a come sono cambiate le condizioni climatiche. I numeri di mortalità possono essere più facilmente associati a questi cambiamenti. Non esclusivamente ma più di prima.
L’estate dell’anno scorso è stata particolarmente calda tanto da accentuare il problema della siccità, mentre nel 2023 le temperature si stanno alzando in questi giorni dopo un periodo piovoso. Come si spiegano questi fenomeni nel contesto del riscaldamento globale?
È quello che chiamiamo la variabilità climatica. Si può parlare di anni più o meno caldi rispetto a un periodo di riferimento guardando cosa è successo in quell’anno nella sua complessità. Confrontiamo così la temperatura media di un anno per vedere quanto si discosta da quello precedente, ma soprattutto quanto si discosta da una media di riferimento. Di solito è quella tra il 1850 e il 1900 rispetto alla quale parliamo ad esempio della soglia di riscaldamento di 1,5 gradi stabilita dagli accordi di Parigi, entro cui limitare l’aumento della temperatura. Tendenzialmente siamo in un momento in cui la temperatura globale sta aumentando, ma questo non vuol dire che ogni mese sia più caldo di quello precedente, perché all’interno dell’anno c’è una variabilità, stagionale (ma anche di anno in anno) e questo in qualche modo esiste a prescindere da quello che sono le forzanti climatiche esterne, vale a dire le emissioni, le concentrazioni di gas.
Il sistema, insomma, mantiene una sua variabilità?
Noi siamo in una condizione di riscaldamento globale associata a quello che è l’effetto antropogenico. In questo contesto ci sono variazioni climatiche che dipendono anche da altre cose, dalla variabilità naturale del sistema. Non è assolutamente anomalo avere una stagione più piovosa di un’altra. L’anno scorso è stato un anno terribilmente siccitoso. E già allora si diceva: “L’anno prossimo sarà peggio”. In realtà abbiamo passato una primavera con molta acqua. Ma solo a fine 2023 sapremo se questo è stato un anno globalmente più o meno piovoso rispetto all’anno scorso.
Potrebbe anche essere che il periodo giugno-settembre di quest’anno, visto che finora il caldo non ha raggiunto i picchi di dodici mesi fa, risulti complessivamente meno caldo del 2022?
Può darsi, bisognerà vedere come sarà agosto. L’anno scorso il caldo è durato più a lungo, il punto però è che la percezione individuale non è la variazione climatica, questa la devi vedere quando la stagione e l’anno sono finiti.
Ma ormai l’aumento della temperatura è un trend consolidato negli ultimi anni?
Sì. Ne siamo assolutamente certi. La temperatura, come sta crescendo, adesso dipende dell’aumento dell’emissione di gas serra in atmosfera. Gli strumenti che abbiamo per cercare di capire cosa succederà nel futuro ci dicono che, se andiamo avanti così, la situazione può diventare molto preoccupante e le conseguenze possono essere devastanti per l’uomo.
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