Si avvicina il momento in cui Mario Draghi scioglierà la riserva e procederà alla formazione del nuovo Governo. Ieri il Premier incaricato ha incontrato le parti sociali e sono stati affrontati i problemi senza dubbio più incalzanti della crisi economica. Un’analisi di Cerved group stima infatti un rialzo del tasso di rischio insolvenza al 6% quest’anno che potrebbe tradursi nel fallimento di 115mila imprese che danno lavoro a circa 300mila persone. La situazione più critica si registrerebbe nel settore del turismo e della ristorazione. «Sarei cauto rispetto a queste statistiche – ci dice Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano -, ma è evidente che ci sia una situazione potenzialmente esplosiva soprattutto per quanto riguarda il commercio al dettaglio, il turismo e anche la micro impresa manifatturiera».
È vero che la produzione industriale a dicembre è scesa (-2% annuo), ma la situazione è grave anche in questo settore?
La manifattura ha avuto una performance negativa, non dissimile però da quella di altri Paesi europei. Tenuto conto che abbiamo avuto il lockdown più duro, i dati sulla produzione industriale mostrano che, come abbiamo anche evidenziato in passato, grazie alle politiche che hanno consentito di avere la migliore crescita della produttività manifatturiera tra i Paesi del G7 nel quadriennio 2015-18, il tessuto industriale prima della pandemia era in buone condizioni e sta tenendo, eccezion fatta per alcuni comparti, come per esempio quello del tessile, abbigliamento, pelli e accessori, che a livello di micro imprese sta certamente presentando una situazione di criticità notevole.
Perché parla di situazione che potrebbe essere esplosiva?
Perché, per esempio, il turismo in determinati territori e aree del Paese rappresenta un elemento fondamentale di stabilità anche sociale. Per questo occorre preoccuparsi seriamente. Credo che questa situazione sia certamente ben all’attenzione del presidente del Consiglio incaricato, che ha posto molta enfasi sulla campagna vaccinale, essenziale soprattutto per rilanciare il turismo, e ha già evidenziato come il tema del lavoro sia fondamentale. Spero quindi che i prossimi incontri con le parti sociali non si limiteranno ad affrontare e ricordare le grandi criticità aziendali ancora aperte, ma serviranno anche a capire come fronteggiare la situazione.
Quali potrebbero essere le mosse giuste da attuare?
È difficile dire quale impostazione sarà privilegiata, stiamo parlando di una sfida enorme considerando anche la scarsità di risorse a disposizione. L’anno scorso, infatti, grazie anche a fondi come il Sure, abbiamo potuto aprire un grosso ombrello con cui coprire, pur con ritardi e criticità, tutto il sistema. Penso sarà necessario che tra nuovo Governo e parti sociali ci sia una collaborazione un po’ fuori dagli schemi rispetto al passato, allorché si sono visti anche dei bracci di ferro. Occorre trovare soluzioni pragmatiche, realistiche e compatibili con le risorse disponibili. Probabilmente una serie di varianti degli ammortizzatori sociali classici e dei ristori come li abbiamo visti finora continuerà anche nei prossimi mesi proprio per cercare di tamponare al massimo questa situazione critica.
La Banca d’Italia ha appena evidenziato una nuova crescita dei depositi bancari, che hanno superato quota 1.100 miliardi a dicembre. Non si potrebbero cercare formule per far sì che questo “tesoretto” diventi un aiuto per l’economia reale?
Sarei molto cauto nell’immaginare formule di mobilitazione, anche attraverso incentivi, di queste risorse che appartengono agli italiani per indirizzarle verso gli investimenti, anche perché non dobbiamo dimenticare che di fatto i depositi consentono poi alle banche sia di acquistare i titoli di stato, aiutando quindi le finanze pubbliche, sia di concedere credito.
Quali misure occorrerebbe mettere in campo per cercare di dare spinta all’economia?
Bisogna distinguere tra breve e medio lungo termine. Rispetto a quest’ultimo orizzonte si possono stimolare investimenti verso nuove tecnologie, si può orientare il sistema a rafforzarsi sul piano strutturale con riforme e ammodernamenti, seguendo di fatto quella che è la filosofia del Recovery fund. Sono convinto che con un Governo di competenti si possano avviare progetti ben fatti che vadano in questa direzione.
E per il breve termine?
Non dobbiamo farci troppe illusioni, lo ha detto anche Draghi, saranno momenti difficili. Bankitalia e Fmi prevedono una crescita del Pil intorno al 3-3,5% per il 2021, stime che incorporano anche i primissimi effetti delle risorse europee. Per ottenere una ripresa maggiore non c’è alternativa agli investimenti pubblici in infrastrutture, dove mi sembra di capire che l’intenzione del Premier incaricato sia quella di snellire e rendere più rapide le procedure. Se vogliamo evitare di avere solo una flebile ripresina quest’anno occorre aggiungere sul piatto della bilancia un po’ di spesa pubblica anche per andare a compensare le perdite occupazionali che si genereranno fatalmente nonostante gli interventi compensativi in tanti settori con la fine del blocco dei licenziamenti: l’economia richiederà per forza di cose un riequilibrio del mercato del lavoro.
Non possiamo fare affidamento quindi, come in passato, sull’export?
Temo che il nostro export, per quanto brillante, dovrà fare i conti con dei mercati come quelli tedesco, francese, spagnolo, britannico, non in perfetta forma. Gli scambi intracomunitari sono ancora fiacchi, difficilmente ci sarà una ripresa molto sostenuta nel breve termine.
(Lorenzo Torrisi)
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