Nel momento più drammatico dell’ormai lungo conflitto russo-ucraino, con le esplicite minacce del presidente russo di utilizzare le armi nucleari, Unione Europea e Nato irrigidiscono i muscoli e mettono in campo opzioni che potranno portare solo a un inasprimento della guerra e a conseguenze sempre più drammatiche. Se infatti Josep Borrell dichiara apertamente che “la guerra è giunta a un momento pericoloso”, la Germania fa capire neanche velatamente che manderà i suoi temibili carri armati Leopard in Ucraina e che la Nato sta pensando di raddoppiare la fornitura dei missili Himars, che hanno dato una svolta ai combattimenti.
“Nato e Unione Europea sono due cose diverse” ci ha detto in questa intervista Vincenzo Giallongo, colonnello dei Carabinieri, esperto di sicurezza, numerose missioni estere, in Iraq durante la missione Antica Babilonia. “La Nato significa Stati Uniti, sono loro che dettano le regole. Davanti alla situazione in atto è necessario però uno sforzo come mai finora da parte dell’Europa per convincere Zelensky a fare qualche concessione a Putin, altrimenti le incognite sono destinate a risolversi in un peggioramento a livello globale della situazione”.
L’Ue deve prendere sul serio le minacce di Vladimir Putin di poter usare armi nucleari nel conflitto in Ucraina, ha affermato il capo della politica estera dell’Unione Europea. Cosa significano concretamente queste parole?
È il gioco delle parti di una grande partita a scacchi. Putin è in grossa difficoltà interna, è stato costretto a dichiarare la mobilitazione parziale, si trova di fronte a proteste interne che assumono dimensioni tali da non poter più essere nascoste come in passato. Questo perché non si aspettava una reazione militare come è stato il contrattacco vittorioso ucraino. Adesso, davanti al fatto di aver conquistato una porzione di territori inferiore a quella che aveva programmato, le sue dichiarazioni sottintendono il desiderio di arrivare a un tavolo di pace per firmare un compromesso. Putin non può tornarsene a casa senza portare qualcosa, altrimenti dovrà fare i conti con l’opinione pubblica interna.
Un compromesso, certo. Ma il rischio non è quello di un conflitto congelato come quello che è stato sin dal 2014, che può riaprirsi in qualunque momento?
Che non siamo più in un periodo di pace ma che si è tornati alla guerra fredda questo è ovvio, almeno fino a quando al Cremlino ci sarà al potere questo personaggio. Non torneremo ai livelli precedenti la caduta del Muro di Berlino, perché allora c’erano solo due grandi superpotenze. Oggi ne sono emerse altre, dalla Cina all’India, quest’ultima sta facendo passi da gigante negli armamenti. Putin ha il sogno di tornare ad allargarsi come prima della caduta dell’Urss, ma restano sogni. Lo abbiamo visto con questa guerra: se fosse stata fatta dall’Unione Sovietica sarebbe stata vinta in una settimana, fatta dalla Russia è tutto fermo. Ci sarà un periodo grande freddo internazionale che potrà rientrare sulla base dei comportamenti russi. Putin come uomo è preoccupante, non lo è il suo popolo. E poi bisognerà vedere cosa vorranno fare gli americani.
Appunto. Al momento sembra si stia correndo verso uno scontro generale, con l’invio di carri amati tedeschi, missili americani, istituzione di campi addestramento per combattenti ucraini.
Bisogna chiarire una cosa: l’Europa è una cosa, la Nato un’altra. Come Europa stiamo continuando a mandare armi, lo fa anche la Germania. La nostra posizione non è cambiata. La Nato, quando Putin ha detto “questo non è un bluff”, ha necessariamente dovuto rispondere “neanche noi scherziamo”. Chi gestisce la Nato, lo sappiamo, sono gli americani ed è questo il punto. Bisogna vedere cosa vogliono fare, se convincere l’Ucraina che di fronte a un conflitto con armi atomiche per quanto limitate è preferibile invece trattare e scendere a qualche compromesso. Zelensky va convinto a farlo. Le sue rimostranze sull’integrità del territorio ucraino sono giuste, ma la realtà è diversa dai sentimenti e dal nazionalismo.
Inoltre molti analisti sostengono che non è pensabile fare a meno dell’energia russa, gas e petrolio, non solo per il prossimo inverno, ma potenzialmente per la successiva ondata di freddo alla fine del prossimo anno.
Assolutamente sì. Nel mondo globalizzato tutti hanno bisogno di tutti. Con la Russia dobbiamo fare affari, non si può cancellare dalla faccia della terra. Nessun paese può essere completamente autarchico, ci sarà sempre una percentuale più o meno grande di energia e altro da acquistare. Non si può pensare di cancellarle la Russia dal mappamondo. Adesso che stiamo andando verso il freddo ritengo che si arriverà a una conclusione, anche perché combattere in quelle regioni dove la temperatura scende di 30 gradi sotto zero, le strade si ghiacciano, i mezzi non si muovono, i soldati non ce la fanno a resistere, diventa impensabile. Nessuno, tantomeno Putin, pensava di arrivare alle soglie dell’inverno con la guerra in corso. Il presidente russo sta cercando di portare a casa qualcosa e realisticamente bisogna metterlo in condizione di farlo.
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