Dopo otto mesi di guerra e in piena controffensiva militare dell’esercito di Kiev, il livello di tensione non accenna a diminuire, tutt’altro, stando alle dichiarazioni dei vari leader delle parti in gioco. Il presidente americano Joe Biden ha esortato a non sottovalutare le minacce nucleari di Putin, che “conosco molto bene”, e ha ammonito che per la prima volta dalla crisi di Cuba del 1962 il mondo torna a correre il rischio di un “Armageddon nucleare”. Allarme rilanciato dal presidente ucraino Zelensky, secondo il quale “siamo sull’orlo del disastro nucleare”. Per la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, la Ue “può fornire armi pesanti e carri armati” all’Ucraina, “visto che la Russia ha messo in campo una nuova escalation alla sua invasione”. Pronta la risposta di Mosca per bocca del suo ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, che ha avvertito Bruxelles: la creazione di una missione di addestramento militare per Kiev da parte Ue assegnerebbe all’Europa un ruolo come parte in causa nel conflitto.
In questa escalation, verbale, militare e forse nucleare, si restringono sempre più gli spazi di dialogo e di trattativa? “La via d’uscita – risponde Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver esperto di geopolitica – potrebbe essere proprio quella di un confronto diretto tra Washington e Mosca. Del resto, una delle cause scatenanti del conflitto è la volontà russa di avere rassicurazioni sui futuri confini della Nato e di essere accolta nuovamente come interlocutore internazionale. Se la Casa Bianca dovesse avviare trattative dirette con il Cremlino, Putin potrebbe considerare questa mossa come sufficiente quanto meno per dirimere le tensioni”.
Le ultime notizie sul terreno del conflitto in Ucraina parlano di una controffensiva vincente e profonda dell’esercito di Kiev. È davvero così? Le truppe di Mosca sono in difficoltà e in ritirata?
L’esercito russo sta pagando su molti fronti, principalmente in quello di Kharkiv e Kherson, l’inferiorità numerica.
Il motivo?
È molto semplice: Mosca si era preparata per una guerra non lampo, ma nemmeno troppo lunga e ha mandato a combattere non più di 150mila uomini, tra forze scelte, forze speciali, contractor della Wagner e ceceni. L’Ucraina invece, avendo proclamato la legge marziale subito dopo l’attacco del 24 febbraio scorso, ha iniziato la mobilitazione molto tempo prima e ha oggi più uomini e mezzi a disposizione. Lì dove i russi sono in forte inferiorità numerica, sono costretti ad andare via per non essere sopraffatti e tentare la costruzione di nuove linee difensive su posizioni più arretrate.
Che cosa sta succedendo a Kharkiv e a Kherson?
Quello che ho appena descritto a Kharkiv è accaduto nei quadranti di Izyum e Lyman, con le truppe di Mosca adesso impegnate a fortificare le aree della regione di Lugansk, dove gli ucraini stanno iniziando a rimettere piede. A Kherson, invece, questa dinamica si è verificata nella parte settentrionale della regione, con i russi ora in ripiegamento verso il Dnepr e verso il capoluogo dell’oblast. Il timore del Cremlino è ovviamente quello di assistere alle stesse scene in altri fronti, a partire da quello di Zaporizhzhia.
L’insuccesso sul campo di battaglia potrebbe spingere Putin a far ricorso alle armi nucleari tattiche?
Una parte del suo entourage le ha esplicitamente evocate. Medvedev e Kadyrov non hanno nascosto i propri “consigli” al leader del Cremlino, volti all’uso di armi nucleari tattiche. L’argomento non è quindi più un tabù. Evocarle, poi, equivale già in parte a usarle. Agitare lo spettro del nucleare senza poi utilizzarlo, potrebbe essere visto come un segnale di debolezza, come un vero e proprio bluff. E ricordiamoci che Putin, nel discorso con cui a settembre ha annunciato la mobilitazione, ha esplicitamente affermato che non sta bluffando.
Nessuna possibilità di un passo indietro?
Nonostante queste parole, restano tuttavia ancora dei margini per evitare di giungere a un punto di non ritorno. In primis, ci sono in ballo manovre diplomatiche che potrebbero subire un’accelerazione davanti allo spettro dell’uso dell’atomica. In secondo luogo, occorre ribadire di quali tipo di armi si sta parlando. Si chiamano armi nucleari tattiche non a caso: il loro impiego servirebbe unicamente a dare un vantaggio tattico a chi le usa.
Quale vantaggio sul terreno e a livello politico darebbe alla Russia un bombardamento effettuato con armamenti atomici?
Probabilmente nessuno, visto che autorizzerebbe l’Occidente a varcare la linea rossa e a rispondere direttamente. E di questo il Cremlino è ben consapevole.
Biden ha però dichiarato che la “la minaccia di Armageddon nucleare è seria” e ha evocato il caso di Cuba del 1962. Ma allora Kennedy e Kruscev avviarono un negoziato segreto che scongiurò quel pericolo. E oggi? Quanto sono concrete le aperture annunciate dal Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, sugli Stati Uniti pronti alla trattativa?
Difficile dirlo in termini percentuali, ma di certo la possibilità di apertura diplomatica non è remota. Il presidente Biden ha parlato nelle scorse ore di “via d’uscita” da trovare per un Putin con le spalle al muro. Segno di come a Washington sono ovviamente ben consapevoli della situazione in cui si trova il Cremlino e dello spauracchio rappresentato da una Russia in profonda difficoltà.
C’è una via d’uscita?
La via d’uscita potrebbe essere proprio quella di un confronto diretto tra Washington e Mosca. Del resto, una delle cause scatenanti del conflitto è la volontà russa di avere rassicurazioni sui futuri confini della Nato e di essere accolta nuovamente come interlocutore internazionale. Se la Casa Bianca dovesse avviare trattative dirette con il Cremlino, Putin potrebbe considerare questa mossa come sufficiente quanto meno per dirimere le tensioni. Una sconfitta rimediata sul campo ucraino, in poche parole, potrebbe essere mitigata con un’apertura di credito diplomatico offerta dagli Stati Uniti.
La stessa Ue, mentre avverte gli Stati membri a essere pronti a un attacco nucleare, nello stesso tempo, per bocca della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, afferma che “l’Ucraina necessita di armi pesanti e carri armati. Gli Stati membri possono fornire” queste armi, “visto che la Russia ha messo in campo una nuova escalation alla sua invasione, rendendola più disperata e noi dobbiamo rispondere in maniera proporzionata”. L’Europa è più realista del re nel sostenere la guerra in Ucraina? Si preclude ogni possibilità di giocare un qualsiasi spazio di mediazione?
L’Europa già da tempo ha perso ogni possibilità di giocare un ruolo di mediazione. Se dovessero aprirsi concreti spiragli diplomatici, i tavoli delle trattative, come detto, vedranno seduti americani e russi. Gli europei poi prenderanno atto di eventuali novità.
Come si spiegano le ultime dichiarazioni di Zelensky, quando afferma che “la Nato dovrebbe attaccare preventivamente la Russia”?
Prima si è detto della possibile via d’uscita da accordare a Putin, secondo la prospettiva statunitense. Per Zelensky invece l’unica via d’uscita è la sconfitta totale della Russia, nonché forse la stessa caduta di Putin. Kiev vuole riprendere in mano tutti i territori e causare una profonda destabilizzazione del contesto politico russo.
Perché è arrivato a questa posizione?
Il presidente ucraino probabilmente è rimasto stizzito dalle timide aperture diplomatiche degli Usa verso Mosca. Aperture peraltro arrivate a poche ore dalla pubblicazione di un report in cui Washington ha apertamente accusato Kiev dell’omicidio di Daria Dugina. Con le sue frasi, Zelensky ha voluto ricordare la sua posizione sulla Russia e, in qualche modo, ha lasciato trapelare il suo timore di essere scavalcato.
(Marco Tedesco)
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