Nel 2008/09 sull’onda della Grande crisi si scatenò un primo dibattito sull’inflazione. La Federal Reserve, pur di evitare il tracollo del sistema finanziario, mise in moto una raffica di sostegni al mercato con una robusta iniezione di aiuti che, tra l’altro, permisero a Wall Street di resuscitare dai livelli infimi (quota 666 dello Standard & Poor’s contro l’attuale 4.100) e all’industria dell’auto di evitare la bancarotta.



Ma non si verificò il danno collaterale dell’inflazione, già prevista da buona parte degli economisti e degli intellettuali della destra, come lo storico Niall Ferguson che sfidò in pubblico Paul Krugman, il futuro premio Nobel, che sostenne, a ragione, che i prezzi erano destinati a restare bassi. Anche troppo, come dimostrò l’ex segretario al Tesoro Lawrence Summers con un saggio dedicato alla secular stagnation: il mondo, scrisse, è entrato in una depressione profonda che richiede medicine robuste per reinnescare un ciclo di crescita.



Dieci anni dopo si riaccende il dibattito. Ma diversi protagonisti sono schierati sull’altro fronte. Tra questi lo stesso Summers che ha appena accusato la Fed di sottovalutare, al pari del ministro del Tesoro Janet Yellen, la portata inflazionistica delle decisioni prese dal presidente Biden: tra aiuti alle famiglie e alle imprese, sostegni al reddito e altre riforme, l’Amministrazione ha ormai favorito la febbre dei prezzi che nei prossimi anni eroderà l’economia americana così come era successo alla fine degli anni Settanta prima che prendesse corpo una politica di taglio dei tassi accompagnato da una progressiva riduzione del potere delle classi lavoratrici. Sarà questo lo sbocco nel lungo termine di questa politica, accusa Summers, contraddetto da buona parte del suo partito, quello Democratico. Anzi, la politica di Biden è ancora troppo morbida a detta della sinistra radicale, influenzata dalle idee della Modern Monetary Theory. 



E dietro al confronto sull’inflazione spunta il conflitto politico. I radicali attribuiscono alla politica praticata da Barack Obama una buona parte delle ragioni del successo della stagione di Donald Trump. I quattrini versati alle banche e alle imprese, è l’accusa, non sono mai arrivati ai piani bassi della società. Certo, non c’è stata inflazione ma a scapito del benessere degli americani che è rimasto confinato ai piani alti della scala sociale, favorendo i ricchi. Stavolta andrà diversamente perché Tesoro e Fed stanno facendo arrivare i soldi in basso. L’inflazione? Ce ne occuperemo se e quando ci sarà, con una serie di interventi mirati e graduali sul costo del denaro. Statene certi, è la replica di Summers che fu uno degli ideologi della presidenza Clinton e di Obama. Ma a quel punto sarà difficile far rientrare i prezzi, “più difficile” che far rientrare il dentifricio nel tubetto. 

Chi ha ragione? Nel breve termine l’aumento dei prezzi è quasi scontato dopo i danni della pandemia. Il tessuto produttivo, poi, è afflitto da una serie di colli di bottiglia (la carenza di materie prime, dei chips e altre disfunzioni temporanee) che possono pesare sui prezzi. Ma questa non è di per sé inflazione “cattiva”, sottolinea il capo economista della Bce Philip Lane. 

Semmai la vera partita la si giocherà più avanti quando entrerà in campo il fattore lavoro. Negli ultimi 15 anni la deflazione si è accompagnata a un profondo calo del potere reale dei lavoratori sulle altre componenti della società. Sono stati anni d’oro per i dividendi e per le stock options dei manager mentre sui lavoratori sono state scaricate tutte le incombenze della gig-economy, all’insegna della flessibilità meglio della precarietà. È facile prevedere che una parte di questo potere sia destinato a refluire verso i lavoratori. 

Dopo i quattrini del New Deal, insomma, si profila una stagione rooseveltiana delle riforme, magari a danno di Wall Street chiamata a pagare più tasse. La tendenza potrebbe essere la stessa in Europa, Italia compresa. Ma i colli di bottiglia della società italiana sono tanti e le risorse disponibili poche. Speriamo che Draghi sappia centrare i bersagli con le poche pallottole che ha in canna.

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