I dati mostrano una forte crescita sia reale, sia della fiducia nel globo, in Europa e Italia. Ma negli ultimi giorni è osservabile un lieve calo della seconda per timore della quarta ondata virale. I dati medici fanno prevalere l’ipotesi che l’aumento dei vaccinati eviterà chiusure. E che qualora fosse necessario un nuovo vaccino contro varianti non coperte l’industria farmaceutica sarà in grado di produrlo rapidamente.
Molti Stati, tra cui l’Italia – da quando l’emergenza è gestita da un generale degli Alpini – stanno mostrando una buona organizzazione e un apprendimento crescente per la somministrazione di massa dei vaccini. Pertanto il pericolo di rallentamento della ripresa è contenibile. Ma le vaccinazioni non saranno completate entro l’autunno in Europa e in America. Alcune nazioni evolute, per esempio il Giappone, sono rimaste sorprendentemente indietro. In altre che hanno acquistato il vaccino cinese si osserva un rifiuto della popolazione per la sua scarsa efficacia (ammessa dalle stesse autorità cinesi). Nelle nazioni povere i dati sono ambigui, ma la sensazione è che restino vulnerabili e generatrici di nuove varianti. In sintesi, il rischio epidemiologico rimane troppo alto nel mondo per favorire una ripresa senza interruzioni, anche se la tecnica permetterebbe di azzerarlo.
Cosa fare? Realisticamente, accelerare la vaccinazione nelle aree più rilevanti dell’economia globale sul piano del ciclo del capitale, cioè America ed Europa, dotando la popolazione di un certificato obbligatorio di immunità, anche i giovani. E parallelamente esportare vaccini efficaci nel resto del mondo, azione ora insufficiente. La correlazione tra no vax e basso livello di istruzione preoccupa.
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