Il Trip-Hop esisteva prima dei Massive Attack e Tricky, ma dopo di loro nulla fu più lo stesso. Il Dubstep è da circa 10 anni un fenomeno sotterraneo di garage/dance inglese ampiamente diffuso nei club di tutto il mondo e (stranamente) con discreto successo anche in Italia.
L’album dei Magnetic Man, supergruppo formato da tre personaggi storici dell’underground elettronico (Benga, Skream e Artwork) era atteso per essere il primo album di Dubstep prodotto da una major e destinato al grande pubblico.
E in effetti questa estate il singolo I Need Air ha fatto veramente il “botto” entrando addirittura al decimo posto nella UK Charts.
Non si è trattato di un colpo di fortuna o del semplice clamore per la novità, il brano con alla voce Angela Hunte è un esempio lampante di quanto ammaliante possa essere questo genere se gli autori sono in grado di guardare oltre il proprio sicuro giardino e confrontarsi con prospettive più ampie.
Certo ci vogliono necessariamente le capacità, il gusto e la buona dose di appeal ma l’intero album del trio sembra indicare in modo deciso la “retta via” per sdoganare il Dubstep dalla sola cerchia di “aficionados” senza tradire però le sue origini e il suo stile.
L’obiettivo è dichiarato soprattutto nei brani “vocali” che in quest’album si divertono a giocare con arrangiamenti più ariosi, maggiormente pop e sonorità meno claustrofobiche.
Se la già citata I Need Air conquista subito l’ascolto grazie alle sovrapposizioni di synth e la linea vocale pop, Fire (feat. Ms Dynamite) trasporta l’ascolto in territori hip hop mixati a suoni space e bassi “sporchi”.
Pollice decisamente in su anche per il brano strumentale Anthemic dove la pomposità delle tastiere ci precipita in un’atmosfera alla Vangelis delimitata solo da una batteria rigorosa e rallentata.
Per l’ascolto del trittico Ping Pong, Mad e Box Of Ghost, dove verrete sotterrati da cascate di suoni sintetici, bassi ovattati e rumorismi di contorno, il consiglio è solo di godervi il tutto in solitudine in attesa di una piacevole deprivazione sensoriale.
Si ritorna invece a sonorità più luminose con i pezzi Perfect Stranger e Crossover (entrambe feat. Katy B.) possibili hits da classifica grazie alle basi dance (la prima electro/house e la seconda magnificamente pop) e i refrain vocali lievemente commerciali e orecchiabili.
Raggiungendo l’apice in questa direzione in quella Boiling Water (feat. Sam Frank), brano che i Röyksopp di questi ultimi anni pagherebbero per realizzarlo.
Non mancano all’interno del lavoro le canzoni invece più consone alla storia dei protagonisti come The Bug e K Dance che non lasciano spazio alla melodia e si concentrano su cadenze robotiche, una oscurità disturbante e ritmi ridotti ma sincopati.
La conclusione dell’album con Karma Crazy, una battaglia tra la batteria drum’n’bass e la melodia degli archi, e soprattutto il post/soul di Getting Nowhere con alla voce il celebre John Legend, è dedicato alla capacità degli autori di oltrepassare i propri stilemi e avvicinarsi a qualcosa di più armonioso.
In conclusione l’album dei Magnetic Man è una scommessa vinta nel ricondurre la dance più concettuale e viscerale a livelli commerciali accettabili. Per il sottoscritto miglior album elettronico del 2010 fino ad ora.