Questo 2010 che ha visto, tra le altre cose, il ritorno glorioso di un gruppo italiano degli anni 90 come i Massimo Volume non poteva che concludersi con la nuova uscita dei Marlene Kuntz, una delle pochissime band di quegli anni che hanno ottenuto successo, visibilità e riconoscimenti adeguati al proprio reale valore.

Dopo oltre vent’anni di carriera, sette album e molti ep, Godano e soci tornano con un nuovo disco dopo soli pochi mesi dall’uscita del side-project “Beautiful”; e proprio al mixer troviamo quell’Howie B componente del progetto appena citato e produttore artistico di questo ottavo album in studio del gruppo. Diciamo immediatamente che le sonorità cantautorali del precedente “Uno” sono state lasciate quasi del tutto da parte in favore di un ritorno a un rock più grezzo e risoluto, volutamente più contiguo ai primi lavori dei Marlene.

L’attitudine di “Ricoveri Virtuali e Sexy Solitudini”, questo il titolo scelto, in realtà però non si discosta poi molto da quella che sembra essere la necessità primaria della band in questi ultimi anni ossia essere più semplici, diretti e possibilmente orecchiabili: esempio più riuscito di quanto detto è sicuramente il singolo apri-pista Paolo Anima Salva che tra una citazione di De André e un quadretto pseudo/sociale si adagia su una base da ballata rock in qualche modo classicheggiante.

Se c’è un punto di contatto tra tutti i brani di questo nuovo lavoro è senza ombra di dubbio la poetica di Godano, attento forse come non mai a descrivere una “certa” quotidianità, colpire duramente il pensiero superficiale della maggior parte degli ascoltatori (alternative e non) e ribadire la sua personalissima ricerca letteraria nell’utilizzo delle rime (parole). Brani autorevoli in tal senso sono Ricovero Virtuale, Orizzonti e l’esplicita Pornorima: “E poi potranno anche vedere gli ebefrenici fighetti dell’Olimpo indie-rock, le frigidine blah-blah-blog, gli avanguardisti a pacchi e stock. Sai che c’è? Sei la mia porno-rima.”

In altri pezzi gli argomenti si spostano verso una maggiore intimità come in Vivo (molto bella nella sua epicità) e L’Artista in cui il cantante sembra chiedere a chi ascolta una immedesimazione più intensa del solito. A livello musicale i brani si pongono in perfetto stile “Marleniano” con bassi potenti, arpeggi melodici, sfuriate elettriche e ritmi prettamente oscuri (quasi un trip-hop umano in Io e Me). Ma come detto in precedenza il noise di matrice Sonic Youth echeggia solo in brevissimi momenti e il clima si adagia maggiormente su un power-rock ammaliante ma decisamente più ben arrangiato che combattivo.

E forse è questa l’evidenza che si trae in maggior misura da “Ricoveri Virtuali e Sexy Solitudini”: i Marlene Kuntz sono un grande gruppo della storia della musica rock italiana, una band capace di mettersi sempre in gioco con qualità e perizia, ma che paga eccessivamente quella ormai irriproducibile veemenza, violenza e potenza tipica di una urgenza giovanile via via venuta meno con l’avanzare del tempo e di un percorso musicale più ampio e ricercato (si pensi solo a titolo esemplificativo alle cover di Mina e PFM realizzate precedentemente o la collaborazione con Paolo Conte).

Sia chiaro che l’album in questione si pone a un livello qualitativo superiore alla stragrande maggioranza della produzione rock moderna nazionale, ma l’ombra della grandezza passata (forse proprio a causa del cercare di voler tornare alle sonorità dei primi straordinari lavori) è più ingombrante di quanto sia stata mai nei dischi precedenti, condizionandone in qualche modo l’esito finale. Tuttavia per un giudizio più completo e esaustivo attendiamo la resa dal vivo dei nuovi brani dove il valore intrinseco potrebbe assumere risvolti non percepibili totalmente sul supporto digitale.