Banco Bpm e Bper – le ultime grandi Popolari da anni trasformate in Spa – al centro del nuovo risiko bancario. Le “vecchie” Popolari – rimaste cooperative a sei anni dalla riforma Renzi –  spinte da Governo, Bankitalia, magistrati amministrativi a evolvere verso la Spa. La Bce che promuove Iccrea e Cassa Centrale Banca – i nuovi gruppi di Bcc nati e consolidatisi dopo il blitz del 2015 da parte del Governo di centrosinistra. Il credito popolare e cooperativo continua a essere sulla ribalta della cronaca finanziaria anche quando – in teoria – dovrebbe essere superato e marginale.



La nuova “calda estate” di Popolari e Bcc probabilmente sarà l’ultima: ma non per questo appare residuale. Soprattutto se – magari già prima della fine dell’anno – le dinamiche del riassetto in avvio dovessero portare Banco Bpm e Bper a convergere in un’aggregazione che non sarebbe fuori luogo battezzare come “SuperPopolare”. Certamente non sarebbe una giga-coop – come forse era nelle previsioni e in molti auspici ancora all’inizio dell’era-euro – ma si presenterebbe, almeno sulla carta, come un soggetto bancario potenzialmente in grado di tenere vivi gradi di biodiversità nel sistema creditizio italiano. Tanto più che – al momento – l’unico azionista forte visibile (Unipol in Bper) è comunque un polo di radice cooperativa. Diverso sarebbe ovviamente il caso in cui Banco Bpm si indirizzasse verso UniCredit: in una sorta di “eutanasia di mercato” del polo che ha via via fuso le big di un tempo (Novara, Milano, Verona).



La stessa valutazione positiva data dalla supervisione Bce (guidata dall’italiano Andrea Enria) allo stress test speciale condotto su Iccrea e Cassa centrale appare in sé una buona notizia per tutti: anche per quanti – nell’ancora popolatissimo sistema-movimento del credito cooperativo italiano – paventavano sei anni fa la fine di uno degli storici corpi intermedi socioeconomici dell’Azienda-Paese. Cinque anni fa la rete unica delle Bcc italiane presentava indubbie aree di criticità, legate a una  molteplicità di fattori: non ultime la crisi economico-finanziaria seguita al 2008, ma anche l’incapacità del sistema di seguire in modo compatto ed efficace la leadership del presidente lombardo Alessandro Azzi. Ora il credito cooperativo nazionale è diviso in due, ma – dice Francoforte – le riorganizzazioni in Iccrea e Cassa Centrale Banca hanno restituito al sistema bancario due player solidi: non sottratti all’alveo cooperativo e invece in grado di partecipare in ruolo attivo a eventuali operazioni di aggregazione-stabilizzazione (Ccb, per la verità, ha già preso parte alla messa in sicurezza di Carige).



Il Consiglio di Stato, nel frattempo, ha sbloccato il “caso Popolare di Sondrio”: l’unica grande Popolare obbligata già nel 2015 a trasformarsi in Spa, rimasta tuttavia nel limbo dei ricorsi. La Sondrio ha visto riconosciuto il suo intento di trasformare la cooperativa in holdfing di una Spa controllata inizialmente al 100%: un modello seguito dalla riforma originaria Amato-Carli del 1990 per tutte le banche pubbliche, in funzione di una lunga stagione di aggregazioni. Anche in questo caso di profila dunque un percorso potenzialmente meno traumatico di quello seguito dal Creval, oggetto finale di un’Opa da parte di Cariparma Credit Agricole.

Non da ultimo: una rotta dinamica ma nei fatti gradualista è quella indicata anche da un provvedimento adottato in commissione Bilancio della Camera per la conversione in legge del decreto sostegni-bis. In tutte le Popolari rimaste tali (una cinquantina, associate all’Assopopolari guidata da Corrado Sforza Fogliani) il principio del voto capitario non varrà più in via rigida e la nuova normativa prevede invece l’ingresso di investitori finanziari con la prospettiva di assunzione del controllo. È evidente una doppia moral suasion di politica e di vigilanza creditizia: la conferma di lungo periodo dell’intento di togliere il credito popolare e cooperativo da una zona grigia potenzialmente rischiosa nella nuova fase economica. Tuttavia alla porzione – ancora vasta – del sistema bancario che proviene dall’esperienza popolare-cooperativa la regolamentazione continua a lasciare margini di libertà nell’indirizzare il proprio futuro.

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