La metamorfosi del panorama geopolitico mondiale, catalizzata dalla crisi ucraina tra il 2013 e il 2014, ha avuto effetti profondi sulla cooperazione energetica globale. Un evento cardine di questo cambiamento è stato l’incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin a Pechino nel maggio 2014, dove i due leaders hanno sancito un accordo storico trentennale valutato 400 miliardi di dollari per la fornitura di gas. Dettagli significativi dell’accordo restano ancora oggi non divulgati, tuttavia è chiaro che la realizzazione del gasdotto “Forza della Siberia” ha segnato un momento cruciale sia per il mercato energetico russo che per il fabbisogno cinese, con ampie ripercussioni sull’equilibrio energetico eurasiatico.



Il raggiungimento di questo accordo, dopo decenni di trattative e stallo, è stato motivato dal rinnovato contesto internazionale e dall’esigenza di Mosca di riorientare i propri vettori strategici. Sebbene il gas naturale rappresenti solo una frazione (circa il 5%) del consumo energetico totale della Cina, che si affida prevalentemente al carbone (circa il 70%), la prospettiva di un aumento nel suo utilizzo è sostanziale, specie per ridurre la dipendenza da fonti altamente inquinanti.



La Cina, destinata a diventare il principale importatore mondiale di gas, vede nel gasdotto sino-russo un passo strategico per diversificare le sue fonti energetiche, parallelamente alle forniture centro-asiatiche, e per rispondere all’instabilità del Medio Oriente e delle rotte marittime del Sudest asiatico. Questo accordo rappresenta inoltre un cambio di rotta per la Russia, che ha visto Gazprom perdere terreno nel mercato europeo a favore di progetti come il TANAP e il TAP. La strategia di diversificazione energetica dell’UE e le indagini antitrust contro Gazprom hanno spinto la Russia a guardare verso l’Asia, come evidenziato dalla “Strategia Energetica 2030”, delineata dagli esperti del Cremlino.



Ma la crescente collaborazione energetica tra Russia e Cina non si limita al gas. Nel 2012 è stata completata la seconda linea dell’oleodotto ESPO, e nel luglio 2013 Rosneft ha firmato un accordo per raddoppiare le forniture di petrolio alla Cina.

Un cambiamento notevole è stato anche l’eliminazione del veto governativo russo che bloccava le compagnie cinesi dall’acquisire partecipazioni maggioritarie nei giacimenti russi, aprendo la strada a investimenti cinesi cruciali in un periodo di sanzioni occidentali. Questa evoluzione non è solo una questione di opportunità economica, ma rappresenta un’intersezione di politiche e visioni comuni. Sebbene Russia e Cina non formino un’alleanza formale o un blocco ideologico, hanno raggiunto un grado di evoluzione nelle loro relazioni che abbraccia aspetti politici, culturali, economici e militari. Fortificati da una collaborazione istituzionalizzata sia a livello bilaterale sia multilaterale, i due Paesi si stanno avvicinando in un modo senza precedenti, delineando una nuova fase nel panorama geopolitico mondiale.

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