Non cambia granché in Francia dopo il voto europeo. Il partito di Marine Le Pen ha sì vinto, ma con uno scarto dello 0,9% su quello di Macron, tanto da non mettere in crisi il governo e la maggioranza. C’è una sola novità significativa, ci ha detto Francesco De Remigis, corrispondente dalla Francia di varie testate nazionali: “Il 13% dei Verdi, che hanno preso il voto di tantissimi giovani e soprattutto quasi cancellato sia i socialisti che l’estrema sinistra, candidandosi a diventare la nuova sinistra francese”. Sul fronte europeo, ci ha detto ancora, Macron punta a inserirsi tra socialisti e popolari per ottenere forti vantaggi per la Francia.
Tra il partito di Marine Le Pen e quello di Macron c’è uno scarto minimo. È un insuccesso della Le Pen o un successo di Macron?
Escluderei entrambi i sostantivi. C’è stato un voto della volontà popolare discutibile per entrambi. La Le Pen ha superato Macron di uno 0,9%, non ha moltiplicato i suoi voti e non c’è stata un’avanzata; però ha vinto, è un dato di fatto. Macron è dietro.
E il presidente?
Macron è riuscito a salvare la mobilia, per così dire; ha tenuto davanti a una crisi sociale che va avanti dal mese di novembre. In Francia dunque cambia poco, al contrario del voto italiano che probabilmente metterà in crisi il governo. Quello francese è blindato, con una maggioranza forte e un governo coeso. Il risultato della Le Pen potrà pesare solo nel 2020, quando ci saranno le elezioni presidenziali, alle quali potrà presentarsi come la vincitrice delle europee.
Il voto dei gilet gialli ha pesato? A chi è andato?
C’erano tre liste di gilet che hanno avuto un risultato più che deludente senza entrare in Europa. È evidente che i voti che sostengono il movimento sono stati incassati dalla Le Pen, la quale non ha però ottenuto il favore dei cattolici praticanti. Secondo un sondaggio dell’Ifop, i cattolici hanno largamente votato per Macron.
Cosa può dirci dei gollisti, la destra?
Quello francese è un voto diverso da molti altri Paesi perché non tocca l’assetto governativo. Abbiamo infatti la conferma che i due terzi dell’elettorato gollista abbia accettato il compromesso con Macron, votando per il suo partito “né di destra né di sinistra”. Parlano i fatti. Hanno provato a salvare il salvabile con alcuni volti nuovi, in particolare il capolista, François-Xavier Bellamy, ma non ci sono riusciti e hanno ottenuto percentuali lontanissime da quelle della propria storia. Il voto ha confermato il terremoto del 2017. I socialisti sono più che dimezzati, i neo-gollisti esistono ancora, hanno provato a rinnovarsi ma non ci sono riusciti. Hanno tentato di attrarre un elettorato di destra che già vota Le Pen, convinti di recuperare qualche punto, questo non è avvenuto e questo ora viene rimproverato: il nostro Dna è un altro e il voto per le europee ne è la prova, dicono.
Quindi siamo davanti a un assetto nazionale che non cambia.
C’è un altro dato però sul voto francese che rispecchia una tendenza europea: l’ascesa dei verdi. Nella complessiva crisi della sinistra, non solo i socialisti, anche l’estrema sinistra ha dimezzato i voti. I verdi francesi potranno muoversi cercando di rappresentare il faro di un ipotetico polo di centrosinistra con il loro 13%. Sembrano l’unico partito in grado di guidare una nuova gauche magari un po’ meno caviar.
Stessa cosa è successa in Germania, dove la sinistra ha perso un sacco di voti.
Sì, c’è anche da dire che hanno votato tantissimi giovani, ragazzi che votavano socialista o si astenevano hanno trovato nei verdi una possibilità di essere rappresentati. Non è secondario pensare che i giovani continueranno a votare lo stesso partito anche in futuro, quindi il consenso dei verdi potrà addirittura essere incrementato rappresentando l’area di sinistra del Paese.
Dal punto di vista europeo invece cos’ha in mente Macron?
Macron si è inserito subito in un sistema a due che adesso è diventato a tre: si ricomincia da socialisti, liberali e popolari insieme. Macron non esisteva nel precedente parlamento perciò sta cercando di inserirsi, intende far pesare la propria percentuale, che non è poca cosa, e soprattutto la sua leadership, in un contesto in cui la sua controparte tedesca, Angela Merkel, non è andata così bene. Macron è attivissimo in questi primi giorni dopo il voto, ha già incontrato il leader spagnolo per costruire un asse in grado di ridimensionare il Partito popolare, ha incontrato i leader dei paesi di Visegrád, ha parlato anche con la Merkel. Pare abbia ricordato che il trattato di Lisbona dice che bisogna tenere conto dei risultati elettorali quando si decidono le alte cariche europee.
Quindi? A quali poltrone sta puntando?
Finora Macron punta soprattutto a rompere la politica dei socialisti e dei popolari, non a caso vorrebbe un successore di Juncker francese non necessariamente del suo partito, che altrimenti farebbe fatica ad essere appoggiato. Ad esempio Michel Barnier, già capo negoziatore della Brexit dove in realtà non ha fatto una bella figura, potrebbe, visto la sua natura centrista, mettere d’accordo le tre anime della maggioranza.
Che cosa potrebbe ottenere secondo lei?
In questo contesto è necessario muoversi con cautela, ecco perché Macron sta sentendo tutti. Si dovrà discutere anche del capo del Consiglio europeo e del presidente del Parlamento. Fino a oggi abbiamo avuto un popolare, Tajani, si punta a un presidente del parlamento che potrebbe essere socialista, un presidente del Consiglio europeo vicino ai popolari, la stessa Merkel è interessata, e come presidente della Commissione europea appunto un francese.
Nonostante i sovranisti non abbiano vinto, il Parlamento appare frammentato in tante formazioni politiche, espressione del disagio popolare. Proprio a questi dovrà rispondere la nuova maggioranza: che Europa vuole Macron?
Macron pensa all’interesse francese, come ha già dimostrato. Si dichiara europeista e una riforma di questa Europa così malata. Però un conto è dire di voler fare, un’altra cosa le decisioni che si prendono. L’idea di Europa come l’ha tracciata Macron in questi ultimi mesi difficilmente sarà realizzabile, le alleanze sono complicate. Di conseguenza sta pensando a trovare un posizionamento per i francesi all’interno degli equilibri continentali.
(Paolo Vites)