RISOLUZIONE M5S CONTRO ARMI ALL’UCRAINA: PRIMA LA MINACCIA, POI LA MEDIAZIONE

Fino a pochi giorni fa la bozza iniziale della risoluzione M5s, da lanciare dopo le Comunicazioni del Premier Draghi in Senato (oggi alle 15) e Camera (domani alle 9), avrebbe potuto anche spaccare il Governo definitivamente.

Di cose (e di riunioni) ne sono però passate e dopo una quasi-espulsione dell’ex capo politico M5s Luigi Di Maio e almeno due riunioni di mediazioni all’interno del Governo, il sentore di un ennesimo “penultimatum” di Giuseppe Conte (cit. by Beppe Grillo, che tra l’altro oggi è tornato a farsi sentire per “attaccare” il suo ex pupillo scrivendo sul Blog «Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti. Deponga le armi di distrazione di massa e parli con onestà») si è fatto dirimente. Nella bozza che ha fatto come da scintilla per lo scontro forse definitivo tra Di Maio e Conte all’interno del Movimento, i parlamentari grillini sottolineavano l’impossibilità di inviare ancora altre armi all’Ucraina nelle prossime settimane: «si invita il Governo non procedere, stante l’attuale quadro bellico in atto, ad ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica». Il rischio di arrivare allo scontro, con la risoluzione da presentare dopo il discorso di Draghi in Parlamento, era così molto alto e si sarebbe potuti arrivare anche alla crisi di Governo qualora quel documento fosse passato o comunque avesse intralciato l’azione del Governo in vista del Consiglio Europeo. Qui è cominciata dunque la “manovra” diplomatica di tutti i partiti e di Palazzo Chigi, nel tentativo di trovare un punto di caduta unitario che evitasse crisi in un momento così delicato per il Paese.



COMUNICAZIONI SENATO, CONTE VS DRAGHI: SI SGONFIA LA CRISI O…

Dopo 6 ore di riunione-fiume ieri sera, i rappresentanti di Governo, partiti e dello stesso M5s si sono dati nuovo appuntamento stamane alle ore 8: l’intesa di massima c’è, manca però ancora l’ultimo dettaglio per formulare una risoluzione comune che possa quindi “sostituire” quella più “bellicosa” preparata da alcuni parlamentari filo-Conte.



Come spiega l’ANSA, una ipotesi gradita a parte della maggioranza (compreso M5s e LeU) sarebbe quella di fare un generico riferimento alla “normativa vigente” per indicare le modalità con cui coinvolgere il Parlamento mentre Palazzo Chigi, viene spiegato da diversi presenti alle riunioni preparatorie, «preferirebbe che fosse esplicitamente indicato il riferimento al decreto numero 14 del 2022, il primo decreto con gli aiuti e l’ok all’invio di armi all’Ucraina che non implicherebbe, in sostanza, che le Camere vengano necessariamente informate prima degli invii di armi». Il M5s è disposto a “sgonfiare” le proprie istanze chiedendo però che vi sia un maggior coinvolgimento del Parlamento per l’approvazione di eventuali nuove armi da inviare a Kiev. «Stiamo definendo gli ultimi dettagli, ma ci siamo. È una questione complessa ma ci siamo», ha spiegato stamane Sergio Battelli, deputato del M5S, che dunque “ammorbidisce” la linea uscita dal Consiglio Nazionale di lunedì sera, dove i vertici pentastellati sottolineavano «un più pieno e costante coinvolgimento del Parlamento con riguardo alle linee di indirizzo politico che verranno perseguite dal Governo italiano nei più rilevanti consessi europei e internazionali, inclusa l’eventuale decisione di inviare a livello bilaterale nuove forniture militari, funzionale a rafforzare il mandato del Presidente del Consiglio in tali consessi». Alla fine, secondo le fonti raccolte finora, dopo il discorso di Draghi in Senato non dovrebbe esserci alcuna mozione presentata dal Movimento 5Stelle: la risoluzione di maggioranza sarà messa a punto dal sottosegretario agli Affari Europei Vincenzo Amendola e dovrebbe essere l’unica risoluzione ad essere presentata dai partiti che sostengono il governo. Resta da capire fino all’ultimo però se qualche ala più “riottosa” del partito presenterà lo stesso una risoluzione in extremis e se dunque il “penultimatum” lanciato nei giorni scorsi da Conte diventi, per una volta, un vero “ultimatum” al Governo Draghi.