L’Ue ha presentato ieri il Libro bianco sulla difesa europea, all’interno del quale si legge che “con il piano ReArm Europe, la Commissione ha individuato cinque pilastri per aumentare in modo urgente e significativo la spesa per la difesa europea”.
Tra questi 5 pilastri vi è anche l’Unione dei risparmi e degli investimenti (Siu), che “dovrebbe aiutare a incanalare ulteriori investimenti privati verso le priorità dell’Ue, tra cui il settore della difesa. Potrebbe, da sola, attrarre centinaia di miliardi di investimenti aggiuntivi all’anno nell’economia europea, rafforzandone la competitività. A tal fine, la Commissione sta presentando una comunicazione sull’Unione dei risparmi e degli investimenti”.
E in effetti sempre ieri Bruxelles ha presentato questa comunicazione e Ursula von der Leyen ha evidenziato che “le famiglie avranno maggiori e più sicure opportunità di investire nei mercati dei capitali e aumentare la propria ricchezza. Allo stesso tempo, le aziende avranno un accesso più facile al capitale per innovare, crescere e creare buoni posti di lavoro in Europa”.
Il proposito di Bruxelles è piuttosto chiaro: i cittadini europei hanno sui loro depositi bancari circa 10.000 miliardi di euro, che “fruttano meno denaro degli investimenti nei mercati dei capitali. La Siu può sostenere il benessere dei nostri cittadini, offrendo loro la scelta e le opportunità di perseguire rendimenti migliori investendo i propri risparmi nei mercati dei capitali”.
Come ricorda Giulio Sapelli, professore emerito di storia economica all’Università degli studi di Milano, «è da almeno vent’anni che si dice che gran parte del nostro risparmio è poco produttivo e non confluisce verso l’investimento industriale, soprattutto mediante i mercati finanziari».
Come mai c’è questo risparmio che resta sui conti correnti?
Guardiamo in casa nostra. Per tanti anni abbiamo avuto aziende come Fiat, Edison, Olivetti, che hanno anche rappresentato il risparmio degli italiani. Quando questi grossi campioni nazionali non sono stati più tali non sono stati nemmeno sostituiti dalle medie aziende che non erano così attrattive. Oggi, quindi, si torna a suonare una vecchia canzone che finora non ha avuto effetto.
Perché allora risuonarla e fare dell’Unione del risparmio e degli investimenti un pilastro della crescita della spesa per la difesa europea?
Il fatto di tornare a parlare ora della mole dei depositi bancari e in questo modo è tristemente significativo. Di fatto non possono nasconderlo, ma a Bruxelles vorrebbero che questo risparmio confluisse verso investimenti produttivi nel capitalismo militare, nell’industria della difesa.
Sarebbe un po’ paradossale cercare di far confluire gli investimenti in società che hanno poco di sostenibile dopo che i criteri ESG erano diventati un mantra nell’Ue.
C’è stato in certi casi un fanatismo ideologico ESG nelle scelte di investimento. Ora sembra cambiato tutto. L’Ue si è auto-sconfessata. Vuol dire che non ha nessun principio.
Di fatto si è parlato di 800 miliardi per il piano ReArm Europe, ma questa cifra potrebbe aumentare o essere in parte finanziata grazie ai risparmi dei cittadini europei…
A mio avviso questi 800 miliardi devono venire dall’investimento privato delle grandi corporation o dall’investimento pubblico, parola di cui ci si è dimenticati negli ultimi anni, preferendo associarla direttamente al debito pubblico. Forse con questo progetto l’Ue spera di diminuire il debito pubblico che andrà a finanziare il riarmo.
Bisognerà anche fare debito comune europeo, come ha ricordato Mario Draghi l’altro giorno al Senato.
Draghi è tornato a parlare della necessità di finanziare gli investimenti nella difesa con debito comune Ue, ma non ha ricordato una cosa importante: occorre che i tedeschi, come sembra stiano cominciando a fare, cambino la loro Costituzione. Già che ci siamo, ci terrei a rinfrescare la memoria su un fatto non secondario rispetto ai temi di cui stiamo parlando.
Quale?
Da che mondo è mondo, prima che nascessero le tecnocrazie europee di cui anche Draghi fa parte, le guerre si sono finanziate con i debiti pubblici irredimibili, non andando a prendere i soldi dai conti correnti, un po’ come quando Amato nottetempo prese il 6 per mille dai conti correnti degli italiani.
Non si tratterebbe di prendere soldi dai conti correnti. In fondo questi risparmi potrebbero anche essere incanalati verso l’acquisto di titoli del debito pubblico, a loro volta utilizzati per finanziare l’aumento della spesa pubblica per la difesa e il riarmo.
Se l’idea è quella di utilizzare quei risparmi per comprare armi, che da che mondo è mondo non producono utili, allora non si arriva molto lontani dal concetto di depredazione. Estremizzando si arriverebbe a un nuovo tipo di guerra, fondata sul massacro sociale. A meno che non si dica chiaramente che si emettono titoli di stato per fare la guerra. Penso sia difficile, però, che una persona scelga di utilizzare i propri risparmi per finanziare una guerra.
Se alla fine i risparmi venissero utilizzati per investimenti nei titoli dei grandi gruppi della difesa e nei titoli di stato non rischiano di restare senza fonti di finanziamento le Pmi?
Penso di sì. Dovranno sperare che ci siano ancora delle banche fedeli alla loro missione per quel che riguarda il credito.
(Lorenzo Torrisi)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.