Puntuale e sempre esaustiva la consueta Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani a cura della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e il Centro Einaudi. Inoltre, quella di quest’anno, grazie a un supplemento in collaborazione con Doxa, coglie l’inevitabile impatto della pandemia sulle decisioni in ambito finanziario da parte degli italiani. Nella pubblicazione emerge chiaramente, e fin da subito, lo stato di necessità in cui naviga il nostro Paese: infatti, obtorto collo, il 10,2 per cento delle famiglie ha dichiarato di «avere intaccato significativamente la ricchezza accumulata in pregresso, con punte del 15,3 per cento degli imprenditori e liberi professionisti e del 15,6 per cento della generazione dei 55enni-65enni. Il 47,1 per cento degli intervistati ha fatto ricorso ai risparmi, anche se per due terzi in misura lieve».



Ad affiancare tutti coloro che hanno attinto al salvadanaio di famiglia, ma in posizione decisamente privilegiata poiché contrapposta, c’è il 45% dei risparmiatori che ha visto come “attuale” il ricorso al cosiddetto risparmio precauzionale («destinato a emergenze che non si possono identificare a priori»). Viene infatti rilevato come «l’incertezza ha fatto sì che nei tre mesi peggiori per il coronavirus (febbraio, marzo e aprile) i depositi bancari siano cresciuti nel complesso di 54 miliardi di euro, dei quali 19,9 miliardi di pertinenza delle imprese e 34,4 miliardi di pertinenza delle famiglie».



Nonostante queste somme prendano in considerazione le quote di accumulo involontario («a causa dei vincoli a spendere la liquidità, data la chiusura delle attività commerciali non essenziali e date le restrizioni alla mobilità, che hanno sospeso la spesa turistica»), l’entità dei risparmiatori si è incrementata arrivando al 55% rispetto al 52% del precedente anno «tornando ai livelli che aveva prima che iniziasse la crisi della globalizzazione».

Analizzando la composizione del patrimonio mobiliare con particolare riferimento alla liquidità in conto corrente, quest’ultima risulta in media pari al 36,2%. A sua volta, la stessa componente cash, presenta un diversificato impiego tra il campione oggetto di indagine: solo il 16,5% preferisce detenere interamente il proprio capitale sul proprio conto mentre il 31,3% ne destina una percentuale compresa tra il 10% e il 30% della propria ricchezza finanziaria e infine un 29,5% che si limita ad un “impiego” per meno di un decimo.



Prescindendo dalla tipicità della quota destinata, l’osservatorio evidenzia come l’ammontare complessivo accumulato (dalle famiglie) sui conti correnti sia pari a «1.073 miliardi (agosto 2020), ossia 44 miliardi in più rispetto a un anno prima, che diventano 53 se si considera l’accumulo sui conti delle famiglie produttrici». Inoltre, parallelamente, anche le imprese (società non finanziarie) hanno incrementato la loro componente liquida precauzionale portandola a 64 miliardi.

A una crescita del risparmio e della liquidità appare invece immutato l’intento degli intervistati («neppure il virus cambia la struttura comportamentale della famiglie italiane di fronte al reddito e al risparmio) nel voler mitigare o quanto meno ridurre il fattore rischio negli investimenti attraverso un mero «No, grazie». A commento di questo perentorio volere viene sottolineato come sia «da lungo tempo che i risparmiatori interpellati affermano che il loro approccio negli investimenti è sempre lo stesso: al primo o al secondo posto degli obiettivi di investimento c’è la sicurezza di non perdere il capitale (79 per cento) e a seguire la liquidità (47 per cento), intesa come possibilità di tornare in possesso della somma investita in qualsiasi momento (ed è sottinteso… senza perdite). Solo il 31 per cento degli investitori andrebbe a caccia di rendimenti immediati (annuali) o di lungo termine (24 per cento)».

Sebbene l’indagine condotta sia molto più ampia (ben 172 pagine), questo nostro intervento si è volutamente soffermato sui principali dati riconducibili al risparmio, alla liquidità e alla prudenza ovvero temi che, voi lettori, con il trascorre del tempo, avete potuto riscontrare in alcuni nostri periodici appuntamenti settimanali. Oggi, l’aver appreso che le nostre argomentazioni trovano puntuale riscontro in “elaborati istituzionali”, conferma la strada finora intrapresa: riportare alla luce ciò che si cela dietro i numeri (talvolta troppo nascosti). Consapevoli di essere come diceva Bernardo di Chartres («noi siamo nani sulle spalle di giganti») continuiamo nel lungo viaggio.