Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di oltre 100 ristoratori di Bologna che avevano chiesto l’annullamento del Dpcm del 14 gennaio e risarcimento danni. Lo avevano impugnato contestandolo in via generale, cioè con riferimento allo strumento adottato, il Dpcm appunto, e nello specifico, nella parte in cui dispone la sospensione dell’attività di ristorazione in quelle regioni classificate in zona arancione. Ma i giudici della Prima sezione del Tribunale amministrativo sottolineano che la classificazione in zona arancione «è determinata da una valutazione che è frutto dell’applicazione oggettiva di parametri predefiniti, che non si palesano affetti da irragionevolezza». Inoltre, le decisioni prese riguardo i servizi di ristorazione sono giudicate «coerenti con le valutazioni presenti nel Piano di prevenzione e risposta al Covid-19».
Contestano altresì le «censure relative alla disparità di trattamento rispetto ad altre attività (quali il catering e le mense) e a differenti categorie imprenditoriali (tra cui barbieri, parrucchieri e lavanderie), tenuto conto della non assimilabilità delle attività messe a confronto».
TAR “DPCM? TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA”
Nel provvedimento i giudici del Tar del Lazio evidenziano che l’interesse dei ristoratori «risulta recessivo rispetto a quello di tutela della salute pubblica perseguito attraverso l’introduzione delle misure impugnate». Quindi, ha deciso di respingere la domanda cautelare. I ristoratori però non si fermano qui: hanno annunciato un ricorso al Consiglio di Stato già all’inizio della prossima settimana e lanciato un appello alla politica per un confronto, nella speranza di ottenere quel che non hanno avuto dal Tar. Queste le prossime mosse annunciate dall’avvocato Massimiliano Bacillieri all’agenzia Dire. Ma c’è un’altra questione. Il Tribunale di Roma, attraverso la Sesta Sezione Civile, il 16 dicembre scorso ha emesso un’ordinanza (la n. 45986/2020 R.G) con cui definiva illegittimi i Dpcm e “rimproverava” al conduttore di non averli impugnato. Ora che però viene fatto dai ristoratori, arriva un altro riscontro che crea ulteriore confusione tra i cittadini.