La foto della sua disperazione (scattata dalla madre) ha fatto il giro del mondo e così Camilla Moccia, di 22 anni, proprietaria di un piccolo ristorante (Bistrot della pasticciona) situato a Ostia si è trasformata nel simbolo della crisi economica che sta investendo il nostro Paese a causa del Covid. Il suo coraggio nel denunciare la situazione per molti versi irreale che molti lavoratori stanno soffrendo in Italia è grandissimo. Intervistarla devo dire che mi ha fatto nascere una speranza: quella che i tantissimi giovani come lei, con il loro coraggio e spirito di iniziativa sapranno garantirci un futuro migliore. Ma passiamo alla chiacchierata, che ha avuto luogo nel suo piccolo ma accoglientissimo ristorante:
In primo luogo complimenti! La tua foto ha fatto veramente il giro del mondo e sei diventata un simbolo. Ci puoi raccontare come è nata?
Giovedì scorso è stata una giornata particolare perché non avevamo prenotazioni, visto il brutto tempo. Quindi si sono accavallate un po’ di situazioni negative: mi sono seduta e quando ci è arrivata la notizia della probabile chiusura totale perché tutto il Lazio entrava in zona rossa, poi confermata venerdì, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso al punto che mi sono accartocciata e ho iniziato a piangere per la situazione. Già quando si apre un’attività le preoccupazioni sono tante, in più ti bloccano così, senza poter far niente: siamo in pandemia e lo capisco, però farci chiudere da lunedì e lasciare invece libero il fine settimana, sapendo comunque che mi crei un assembramento assurdo… ancora non lo capisco. Ho avuto anche il piacere di confrontarmi con chi di dovere.
Con quali conclusioni?
Le risposte purtroppo non sono state quelle che mi aspettavo, perché qui si promette una campagna vaccinale in tre sole settimane quando invece ci vogliono otto mesi. E chiunque abbia una attività non può permettersi di stare chiuso così a lungo senza comunque avere degli aiuti veri… perché io comunque vado a prendere solo mille euro per questa chiusura e non ci rientro.
Così poco?
Sì, mille euro netti… fino a questo momento in tutta la pandemia mi sono arrivati 4.000 euro durante la prima chiusura più i 100 di questa in totale. Se calcoli che ogni mese l’affitto del locale mi costa 1.100 euro, ai quali devi aggiungere luce e gas più le tasse che, nel settore gastronomico sono altissime…
Incredibile! Ci puoi parlare un po’ del tuo lavoro?
Ho 22 anni e sono molto giovane. A 20 ho deciso di mettermi in gioco con me stessa, con la mia capacità di fare: quindi mi sono sentita pronta, determinata e anche coraggiosa perché, specie per affrontare la situazione attuale, ci vuole grande coraggio per portarla avanti. Abbiamo aperto questa attività con i miei genitori, visto che non mi potevo permettere di avere dei dipendenti. Ciò ha però significato che hanno dovuto lasciare il loro lavoro per aiutare me e ciò aggrava ulteriormente la situazione, perché significa che se io non lavoro non possiamo avere un’entrata. Oltretutto non siamo molto attivi con il delivery, perché la pasta, per esempio, non è molto richiesta e quindi non raggiungiamo nemmeno lontanamente i livelli lavorativi di prima. E le spese purtroppo ci sono e devono essere pagate: se ad esempio non pago le bollette mi viene tagliata la fornitura e a quel punto si deve chiudere tutto.
Situazione davvero difficile…
Eh sì… perché tu mi fai stare in zona rossa però devo pagare le spese più le tasse e i contributi e in più non mi fornisci neanche degli aiuti concreti: ma come pensano loro di poter mantenere un’attività in questo stato? I fondi promessi li stiamo aspettando da gennaio ma non sono mai arrivati e chissà se arriveranno, perché sono calcolati con il fatturato annuo dal 2019 al 2020: io però nel 2019 ho iniziato e quindi facendo un po’ di calcoli con la mia commercialista risulta che adesso vado a prendere solo 1.000 euro.
Se pensiamo che la tua è solo una delle categorie colpite…
Io infatti lancio un messaggio non solamente alla categoria della ristorazione, ma a tutte quelle che sono nelle nostre condizioni. Per me tutta questa è una grandissima follia: quello che chiedo non sono i ristori perché con questi soldi non ci facciamo nulla, ma avere la possibilità di lavorare, ovviamente con delle restrizioni intelligenti. Anche perché terminata questa nuova quarantena ci faranno tornare alle nostre attività con una regola che aumenta la distanza tra le persone a due metri: io ho un locale piccolissimo che può contare con 25 clienti nella normalità. Con le vecchie regole ne potevo ospitare solo 8, con quelle che entreranno in vigore praticamente ho chiuso. Continuo a non capire, come tanti, perché facciano tutto questo… come se tutto fosse accaduto solo da giorni. E io mi vergogno a dire che delle istituzioni nell’arco di un anno non siano state in grado di fare il loro dovere per risolvere i problemi.
La tua fotografia ha fatto il giro del mondo e so che, oltre a varie interviste, hai avuto anche visite importanti…
Come dicevo prima, stamattina (ieri, ndr) ho avuto il piacere di poter parlare con l’assessore alla Sanità e sentirmi dire che in tre settimane loro pensano di vaccinare una nazione intera. Vuol dire però che mi si prende in giro, perché sono sicura che così non sarà. In più le faccio fare altre due risate: l’assessore mi ha pure detto che adesso la cosa più importante è poter fare la campagna vaccinale, cosa su cui sono d’accordo, per poi aggiungere che il resto non è così importante e verrà messo in secondo piano… ma in quel resto ci siamo noi, le attività, che verranno “in secondo piano”! Quindi loro pensano prima a questa campagna vaccinale, che secondo me durerà mesi: poi il resto in pratica morirà. Quindi se non lo farà il Covid, moriremo di altro, praticamente… se non riusciamo a mettere in chiaro anche le realtà che ci stanno sotto questa situazione.
(Guido Gazzoli)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.