L’impennata dei costi delle materie prime alimentari, insieme a quella dell’energia, rischia di far implodere il servizio di mensa all’interno di scuole, ospedali, strutture pubbliche e imprese private. L’allarme è lanciato da Angem, l’associazione nazionale di categoria legata a Fipe-Confcommercio, che si rivolge al Governo e, in particolare, al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, cui dipendono le sorti del prossimo codice degli appalti.
Il settore – rileva la stessa Angem – vive una fase difficile, su cui incombono principalmente due criticità. Da un lato, la scarsa e non uniforme applicazione della norma del Sostegni ter che impone alle stazioni appaltanti – ovvero Comuni, Regioni, Pubbliche amministrazioni, ma anche Asl, Corpi di polizia – di inserire all’interno dei bandi di gara apposite clausole per la revisione dei prezzi. Dall’altro, l’impossibilità, per molte imprese, di rispettare i vincoli imposti dai Criteri Ambientali Minimi, che sanciscono l’obbligo di portare in tavola una percentuale di prodotti certificati Bio. Prodotti che oggi però o sono difficili da reperire o sono molto onerosi.
“Queste distorsioni – sottolinea il presidente di Angem Carlo Scarsciotti – di fatto costituiscono una violazione del principio delle uguali regole in uno stesso mercato. Le imprese che hanno siglato i contratti pre-pandemia, quando non era previsto alcun adeguamento dei prezzi, si trovano ora a lavorare in perdita: non ricordo altri esempi di servizi pubblici essenziali in appalto che operino a prezzi fissi malgrado la fiammata inflazionistica. Chi li ha sottoscritti dopo, invece, vive in un limbo costituito dalla discrezionalità lasciata a ogni stazione appaltante. In pratica, ci sono decine di migliaia di committenti in tutta Italia, ciascuno dei quali è libero di dettare le condizioni che preferisce in merito all’adeguamento dei prezzi, in ragione del boom dell’inflazione e dei costi energetici. Tutto questo è inaccettabile”.
Ma non solo. La ristorazione collettiva deve infatti confrontarsi con un’altra criticità non di poco conto. “Se l’impennata dei prezzi delle materie prime e dei costi dell’energia è un problema per tutte le imprese – commenta Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, di cui Angem fa parte -, nel caso della ristorazione collettiva c’è un ostacolo in più: l’obbligo di operare in costanza di prezzi fissi che, in un quadro di grande volatilità, diventa un fardello sufficiente da solo a spiegare le difficoltà nelle quali versa chi opera in questo settore”.
Davanti a questo quadro è dunque urgente intervenire. “Occorre – afferma Scarsciotti – stabilire criteri uniformi in relazione ai quali le aziende della ristorazione collettiva possano richiedere l’adeguamento dei prezzi, proprio come avviene negli appalti per i lavori, valorizzando e ridando fiato alle migliaia di piccole, medie e grandi aziende del comparto”. E in questa prospettiva “auspichiamo – conclude Stoppani – che le clausole di salvaguardia introdotte nello schema preliminare del nuovo codice appalti possano essere d’aiuto affinché le ricadute degli aumenti dei costi delle materie prime alimentari e dell’energia non si riversino direttamente ed esclusivamente sulla sostenibilità economica e operativa delle aziende che erogano un servizio di interesse pubblico essenziale”.
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