I numeri sono incoraggianti. L’emorragia pandemica subìta dai pubblici esercizi tanto in termini di consumi quanto di occupazione sembra essere definitivamente superata. Certo, per tornare ai livelli del 2019 mancano ancora 4 punti percentuali a valori correnti, ma la buona notizia è che la spesa delle famiglie nella ristorazione è risalita a circa 82 miliardi di euro, avvicinandosi agli 85,5 miliardi del periodo pre-Covid, trainata anche dal ritorno del turismo internazionale. Ma non solo: il valore aggiunto del settore ha, infatti, superato nel 2022 i 43 miliardi di euro, spinto da un balzo del+18% rispetto all’anno precedente.
È la fotografia del settore scattata dal Rapporto Annuale Ristorazione curato da Fipe-Confcommercio, che rileva come la ristorazione debba ancora fare i conti con uno scenario complesso, ma sottolinea anche come il comparto stia muovendo i primi, decisi passi sulla strada della ripresa.
Tra le note dolenti, va evidenziata in particolare una contrazione del numero di attività. Nel Rapporto si legge, infatti, che a dicembre 2022 erano 336 mila le imprese operative nel mercato della ristorazione. Di queste, 9.526 hanno avviato l’attività nel corso dell’anno, mentre sono quasi 20.139 quelle che hanno abbassato le saracinesche. Il che significa un saldo negativo di oltre 10.600 unità dietro il quale vanno rilevate diverse concause: si spazia dagli strascichi della crisi pandemica al deciso incremento dei costi in particolare delle materie prime e dell’energia (+200%) che hanno fortemente eroso i margini operativi delle imprese. Lo studio, tuttavia, sottolinea come la spinta inflattiva del settore sia stata più contenuta di quanto registrato a livello generale, con un incremento dei prezzi del 5% rispetto al +8,1% rilevato per l’intera economia nel corso del 2022. Un dato che – è la conclusione di Fipe – rivela una certa difficoltà delle imprese nel gestire la fase di aggiustamento dei listini, dovuta a valutazioni di contesto, ma anche a scelte conservative, fatte spesso più per paura di perdere clientela che per giusta consapevolezza.
Tra i fattori incoraggianti registrati dal Rapporto va invece segnalato il deciso balzo in avanti dei livelli occupazionali, tornati vicino ai livelli pre-pandemia. Nello specifico, oltre 165mila aziende con almeno un dipendente hanno impiegato nel 2022 una media di oltre 987mila lavoratori, solo 3.700 in meno del 2019. Si tratta, però – avverte Fipe – di un aspetto su cui ancora c’è molto da fare, soprattutto se si guarda al numero di contratti a tempo indeterminato e a quelli che riguardano donne e giovani impiegati nel settore, che invece restano abbondantemente sotto i livelli pre-Covid. E a questi va aggiunta la fetta di occupazione indipendente (titolari, soci, ecc.) che vale oltre 350 mila persone e che appare più lenta a tornare ai livelli del 2019.
Su queste premesse, dunque, lo scenario per il 2023 rimane cautamente positivo. Gli analisti di Fipe-Confcommercio, infatti, stimano una crescita del comparto compresa tra il 5% e il 10%, confermata anche dal sentiment degli addetti ai lavori: il 70% dei ristoranti pensa di poter raggiungere gli stessi obiettivi conseguiti nel 2022, con 1 ristoratore su 4 che ritiene addirittura di superarli. Nel settore, insomma, si respira un clima incoraggiante, tanto che nove imprenditori su dieci sono fiduciosi sul futuro, sebbene riconoscano che sia necessario far fronte ai cambiamenti imposti dall’emergenza pandemica.
Il Rapporto 2023 – afferma Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe-Confcommercio – racconta di un ‘rovesciamento’ di fronte, poiché nell’anno appena trascorso abbiamo visto rivelarsi l’altra faccia della crisi post-pandemica: dalla crisi della domanda si è passati nel volgere di pochi mesi ad affrontare una crisi di costi. Dunque, pur avendo recuperato – magari non completamente, ma piuttosto solidamente – i livelli dei consumi pre-Covid, l’impatto del forte aumento delle bollette e, seppure meno intenso, delle materie prime, ha messo a dura prova la tenuta dei conti economici delle aziende. Rimettere al centro il lavoro di qualità e ripensare i modelli organizzativi delle imprese in termini di sostenibilità sono i due assi portanti di una strategia imprenditoriale per i prossimi anni”. Due passi necessari e rilevanti perché “la ristorazione – ricorda Stoppani – è, e rimane, intersezione tra filiere essenziali e sostanziali del Made in Italy e stile di vita delle comunità; e il suo racconto contribuisce a dare un punto di riferimento più solido all’economia del Paese”.
Si tratta, insomma, di un settore che merita grande attenzione e che si prepara a essere celebrato durante la prima Giornata della Ristorazione italiana, promossa da Fipe-Confcommercio, in programma il prossimo 28 aprile in tutta Italia con decine di iniziative e con un evento speciale presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy alla presenza del Ministro Adolfo Urso.
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