La ripresa del turismo ha rappresentato in questi ultimi mesi un toccasana per l’economia del Paese. Ma guerra, diffusione di nuove varianti Covid, costi dell’energia e delle materie prime fuori controllo, pesante ritorno dell’inflazione proiettano sul futuro l’ombra della recessione. A lanciare l’allarme è Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana di categoria, che dal palco della Assemblea 2022 prevede che siano a rischio di chiusura ben 30mila imprese, con un conseguente impatto occupazionale che potrebbe portare alla perdita di almeno 130mila posti di lavoro.
E da qui l’appello: “Un settore come il nostro, uscito dall’emergenza in gravissime condizioni – sottolinea Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio -, va sostenuto con provvedimenti emergenziali di rafforzamento ed estensione temporale dei crediti d’imposta sui costi energetici, con la rateizzazione delle bollette e con nuovi interventi di sostegno alla liquidità delle imprese, inclusi anche gli strumenti di garanzia pubblica. Inoltre, va definito un Piano energetico nazionale che preveda la diversificazione delle fonti e dei fornitori. E occorre l’implementazione di un ‘Recovery Fund Energetico’ europeo, capace di correggere il perverso meccanismo di determinazione del prezzo dell’energia”.
Ma non è tutto. Il settore – si legge in una nota ufficiale di Fipe – ha bisogno anche di misure che affrontino i nodi strutturali emersi durante la pandemia. In primo luogo, il lavoro, tema centrale per un comparto che fa del servizio l’elemento premiante della propria offerta. Sono dunque necessarie politiche attive – è la richiesta di Fipe – in grado di riqualificare, innovare e investire sulle competenze, vecchie e nuove. Occorrono percorsi di orientamento per i giovani verso iter formativi e scolastici capaci di dare prospettive occupazionali, contrastando anche il dumping contrattuale che interessa il settore. Senza dimenticare il riordino delle norme che regolano il mercato, per dare corpo al principio “stesso mercato, stesse regole”. Tutte misure che potrebbero aiutare a risolvere un nodo critico che ormai ha assunto proporzioni preoccupanti: al momento infatti mancano all’appello 193mila impiegati nel settore rispetto al 2019, di cui 107mila a tempo indeterminato.
C’è poi il tema della funzione sociale delle attività che ruotano intorno ai consumi fuori casa. Un punto su cui Fipe mostra di avere le idee chiare: “Servono politiche di rigenerazione urbana – chiede la Federazione – che vedano i pubblici esercizi come una risorsa e non come un problema, valorizzando i dehor come parte di un nuovo progetto di spazio pubblico finalizzato a rendere le città più belle, più attrattive e più sicure”.
Va detto però che anche ristorazione e pubblici servizi devono e dovranno recitare la propria parte. “La politica non basta – dichiara Fipe -. Occorre una nuova consapevolezza anche da parte delle stesse imprese. Ed è quello che molte di esse stanno facendo ripensando i modelli di offerta e riorganizzando i processi anche all’insegna della sostenibilità, non solo per ottenere benefici economici nell’immediato, ma anche per una nuova sensibilità verso il contesto nel quale l’impresa opera”. È insomma è necessario un cambio di passo che parta dalla base. “È in momenti come questo – spiega Stoppani – che diviene tanto più necessario intervenire sui processi, sulla logistica, sugli orari e i tempi di servizio, sulla organizzazione e gestione del personale, sulla determinazione dei prezzi e sull’implementazione di nuovi servizi. Nessuno, se non noi stessi, può risolvere il problema della bassa marginalità, che a sua volta nasce dalla difficoltà di associare il prezzo al valore dell’offerta impedendo di trasferire correttamente sui listini le dinamiche dei costi e le legittime aspettative di profitto”.
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