Poteva essere una strage, se non fossero intervenuti i suoi soldati negli scontri tra i serbi e la polizia militare del Kosovo. Ora il generale Angelo Michele Ristuccia, capo del contingente Kfor, manda un messaggio al premier kosovaro Albin Kurti. «La missione Nato non può e non deve essere considerata l’ombrello sotto al quale ripararsi dopo azioni unilaterali che sconvolgono equilibri molto precari». Ne parla al Corriere della Sera, citando come esempio la decisione di far insediare i sindaci di etnia albanese non riconosciuti dalla maggioranza della Serbia, nonostante i suggerimenti contrari della comunità internazionale. Ma critica anche la scelta del governo di Pristina «di usare la forza senza consultarci, rendendo così necessario il nostro intervento per evitare una tragedia». Non ci sta Ristuccia a sentir parlare di governo che agisce liberamente sul proprio territorio, perché la situazione è tutt’altro che normale.



«Sono decisioni prese senza un preventivo coordinamento con noi e con le parti in causa. Non è la prima volta che accade. Questo è un approccio che non favorisce certo la fiducia reciproca», afferma il capo delle forze Nato in Kosovo, il quale non comprende il motivo per il quale il premier Kurti, che si era sempre mostrato d’accordo con tale approccio, stavolta non l’ha proprio seguito. Ai media Kurti ha motivato la sua mossa spiegando che il Kosovo è uno Stato sovrano e che non può sottostare ai ricatti dei violenti. Ristuccia non entra nel merito della decisione politica, ma si preoccupa per le conseguenze, visto che il suo compito è occuparsi di sicurezza e stabilità.



“TRA KOSOVO E SERBIA SERVONO VERI NEGOZIATI”

Il rischio è quello di un’escalation. Del resto, il Kosovo senza la missione Nato sarebbe, secondo il generale Angelo Michele Ristuccia, «un altro focolaio di guerra». Nell’intervista al Corriere chiarisce che la situazione attuale è frutto «di crisi che si sono accumulate nel tempo». Si può parlare di una «instabilità controllata, che però sta diventando sempre più volatile sul terreno, a causa della fragilità delle relazioni tra le due etnie e chi le rappresenta. Ogni equilibrio conseguito con grande fatica, crisi dopo crisi, si sta facendo sempre più precario». La situazione è delicata, ma le responsabilità chiaramente non sono solo del Kosovo. Infatti, Ristuccia spiega che «entrambe le parti sono incapaci di capitalizzare gli obiettivi conseguiti negli anni, con grande fatica della diplomazia internazionale».



Alla base di questa crisi c’è «solo la sfiducia reciproca», anche per reciproci nazionalismi. «Questo ambiente è saturo di retorica assolutamente improduttiva e pericolosa, del tutto disfunzionale agli obiettivi di pace che la comunità internazionale vuole raggiungere nel Kosovo». Un vero peccato, considerando i risultati importanti che sono stati conseguiti negli ultimi vent’anni. Ma dal 2021 qualcosa è cambiato, «solo passi indietro, come i gamberi. A causa dell’estrema polarizzazione di alcuni fatti, strumentalizzati da tutte le parti in causa nel nome di politiche estremiste, che hanno minato la stabilità tra le due etnie». Ora Serbia e Kosovo hanno ripreso a parlarsi, quindi l’auspicio del generale Ristuccia è che «questa finestra temporale venga sfruttata per far cominciare dei veri negoziati. Come non è stato fatto finora».