L’Abruzzo torna al voto per eleggere il proprio presidente di regione ma questa volta, più che mai, i toni accesi e l’attenzione mediatica hanno trasformato un voto regionale in qualcosa di più grande. Il centrosinistra, forte della vittoria in Sardegna, seppure per pochi voti, vede in questa lezione l’occasione per dimostrare che il governo di Giorgia Meloni comincia a perdere colpi. E per riuscire a scalfire un accordo granitico tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega il candidato del centrosinistra, Luciano D’Amico, è riuscito a creare una grande coalizione, anche se nascondendo un alleato all’altro al fine di evitare frizioni e scontri interni. Dal Pd a Calenda, passando per 5 Stelle e Renzi, il centrosinistra fa finta di essere unito e compatto. Ma in questi mesi di campagna elettorale ognuno ha seguito la propria strada, nessun incrocio, nessun comizio congiunto, al punto che Giuseppe Conte, intervistato a più riprese, ha fatto finta di non sapere, anzi ha negato l’alleanza con Renzi e con Calenda. Mentre la segretaria del Pd Schlein annuncia un laboratorio politico del centrosinistra che verrebbe fuori dalle elezioni abruzzesi la finzione scenica è più evidente che mai.



Il centrodestra, guidato dal presidente uscente Marco Marsilio, ha portato sul palco tutti i leader della sua coalizione, uno accanto all’altro, tutti pronti a sostenere quello che non è mai accaduto in Abruzzo, ovvero la riconferma di un candidato uscente. Se Marsilio venisse rieletto sarebbe la prima volta che questo accade e per la Meloni, che con Marsilio cinque anni fa aveva conquistato la prima regione italiana a guida Fratelli d’Italia, si tratterebbe di una pietra angolare importante per il proseguo del suo governo e soprattutto in vista delle elezioni europee di giugno.



Meloni, Salvini e Tajani sul palco di Pescara hanno ribadito una unità di intenti che ha superato, nel caso ci fossero state, piccole fratture nel centrodestra. E a sostenere Marsilio, nell’ultima sera di campagna elettorale, mentre Todde interveniva per far capire che D’Amico poteva rappresentare il bis della Sardegna, sono arrivati i presidenti del Lazio, delle Marche, dell’Umbria e del Molise.

Oggi i cittadini abruzzesi voteranno senza pensare alla Sardegna e senza pensare alle europee. In ballo c’è il futuro di una regione che è troppo a Sud per essere considerata del Nord e troppo a Nord per essere considerata del Sud. Una terra di mezzo dal sapore tolkieniano, dove è stata progettata una rete sanitaria che potrebbe diventare modello per tutte quelle regioni che hanno una dimensione non troppo grande e un territorio frastagliato tra pianure, colline e montagne. Una regione che punta ad essere leader italiana nella produzione di veicoli commerciali, che vuole un collegamento veloce tra Pescara e Roma, che attraverso i suoi porti potrà diventare faro nella rete utenti che dal Nord Europa arriva fino alla Puglia per collegarsi con il canale di Suez.



Oggi tutta la penisola guarderà all’Abruzzo, sapendo che anche in questa tornata elettorale si gioca il futuro di un governo coeso e stabile.

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