“In queste elezioni comunali il centrodestra è andato incontro a una sconfitta rovinosa”, perché “ha sbagliato tutto: politica, candidati, temi”, tanto che “questa volta l’astensionismo ha riguardato soprattutto questa coalizione”. Così Stefano Folli, editorialista di Repubblica, sintetizza l’esito delle elezioni amministrative, “un test molto favorevole” al Partito democratico e al centrosinistra, che ha portato alla vittoria, già al primo turno, i propri candidati a Milano, Bologna e Napoli, mentre a Roma con Gualtieri e a Torino con Lo Russo sfiderà al ballottaggio rispettivamente Michetti e Damilano. Effetti sul governo da questo voto? “Che Draghi esca rafforzato come dicono Salvini e Letta è tutto da vedere: ci sono enormi problemi che vanno risolti. Se non si sciolgono questi nodi, problemi per Draghi ce ne potranno essere eccome”.
Ha ragione Letta a dire che è una grande vittoria del Pd e del centrosinistra, che è tornato in sintonia con il paese?
Che sia una vittoria non c’è alcun dubbio. Poi, che il centrosinistra sia in sintonia con il paese, ci vorrà qualche verifica in più. Resta il fatto che da nord a sud il test delle amministrative è molto favorevole al Pd. A parte la Calabria, che fa un po’ storia a sé, il centrodestra è andato incontro a una sconfitta rovinosa.
Il centrodestra è così debole? Dove ha sbagliato?
Il centrodestra è andato molto male e probabilmente le cause vanno ricercate lontane nel tempo. C’è una certa disillusione, non si capisce bene quale sia la politica della coalizione, troppe rivalità e litigi interni tra Salvini e Meloni, una certa incapacità – loro sì – di mettersi in sintonia con il paese.
Su quali temi?
Basta pensare alla battaglia sul green pass. Nel momento in cui, palesemente, la stragrande maggioranza degli italiani non vede il green pass come un attentato alla libertà individuale e solo una minoranza molto ristretta lo contesta, l’opposizione al certificato vaccinale fa un po’ a pugni con l’esigenza di un centrodestra che sappia essere rassicurante, come sono state le forze moderate in Italia. Qui siamo di fronte a uno schieramento, a parte Berlusconi che però conta relativamente poco, che vive una nevrosi permanente. E questo si riflette sulla credibilità di Lega e Fratelli d’Italia presso gli elettori.
Possono aver pesato anche le inchieste giudiziarie sui casi Morisi e Fidanza?
Possono avere avuto un peso, ma meno di quanto possiamo immaginare, perché spesso l’opinione pubblica ha bisogno di più tempo per metabolizzare questi eventi.
Il ballottaggio a Roma fra Michetti e Gualtieri sarà il vero termometro di quello che succederà nel panorama politico?
Senza dubbio, quel che succede a Roma è un termometro importantissimo, perché la Capitale è lo specchio del paese. E per come sono messe le cose Gualtieri mi sembra favorito.
Perché?
Michetti non ha una grande capacità di aggregazione. Al primo turno si vota la persona e l’appartenenza politica, al secondo i candidati al ballottaggio devono dimostrare di saper cercare voti in luoghi e territori non familiari. E in questo Gualtieri, a mio avviso, ha oggettivamente più chance di riuscita.
Dove andranno i voti di Calenda e Raggi?
La Raggi rappresenta oggi l’opzione, collaudata nel Pd, di un’alleanza con i Cinquestelle, anche se su posizioni più scettiche rispetto a quelle di Conte. Calenda, invece, rappresenta l’ipotesi di una convergenza più centrista in chiave riformista, una sorta di muro eretto contro i populisti e i Cinquestelle. E questo non è un problema da poco. Gualtieri deve cercare di parlare un linguaggio che possa non dispiacere agli elettori di Calenda, che sono abbastanza disponibili, almeno alcuni di loro e a certe condizioni, a sostenere Gualtieri nel secondo turno.
E il M5s cosa farà a Roma?
Anche una parte di elettori del M5s, più che la stessa Raggi, potrebbero seguire lo stesso ragionamento. Dipende quindi da come Gualtieri saprà modulare la sua campagna nei prossimi 15 giorni. Parte comunque favorito perché può aggregare molto più di Michetti, ma deve usare i toni giusti.
A Napoli il centrodestra non ha mai vinto, e probabilmente il Pd avrebbe vinto anche da solo. Ma il risultato di Manfredi, come quello di Lepore a Bologna, dimostra che l’alleanza Pd-M5s funziona? E se sì, funziona solo se i Cinquestelle fanno da stampella al Pd?
Fondamentalmente è così: funziona solo quando i Cinquestelle si mescolano al Partito democratico. Quanto a Napoli, non c’è alcun effetto Conte o Grillo, lì conta Di Maio, che già oggi è su una linea di collaborazione istituzionale con il Pd molto avanzata e consolidata. Se Napoli è Di Maio, Di Maio rappresenta proprio questa posizione di integrazione con le forze di governo. A Bologna, dove il Pd è molto forte, il M5s è così debole, che ha scelto – e ha fatto bene – di mettersi sotto l’ombrello del Partito democratico, senza però offrire alcun rafforzamento: Lepore avrebbe vinto lo stesso. M5s partecipa alla vittoria, ma non ha alcun merito.
Salvini ha detto: “non usiamo questo voto per destabilizzare il governo”. Draghi ne esce rafforzato?
Bisogna vedere se alle parole seguiranno i fatti. Salvini ha fatto bene a ribadirlo e a promettere che non ci saranno destabilizzazioni nel governo, il che sarebbe un errore gravissimo. Ma da qui a dire che il governo esce rafforzato ce ne corre: bisogna vedere se Salvini contribuirà a dar vita a una riflessione profonda nel centrodestra, perché ci sono enormi problemi che vanno risolti. Se non si sciolgono questi nodi, problemi per Draghi ce ne potranno essere eccome.
Anche Letta però ha detto che il governo esce rafforzato…
Letta lo dice perché lui è uscito rafforzato dalle urne e si propone come principale puntello di Draghi. Sono le classiche situazioni in cui bisogna poi vedere quali saranno i fatti concreti.
“L’affluenza mi spinge ad una autocritica” ha ammesso Salvini. La bassa affluenza, soprattutto nelle periferie delle grandi città – Sala, per esempio, è stato eletto solo da un quarto dei milanesi –, come va interpretata: colpa di una campagna elettorale per le amministrative sotto tono o si tratta di un segnale che tutta la politica non deve sottovalutare?
Questa volta l’astensionismo ha riguardato soprattutto il centrodestra. Hanno sbagliato la politica, hanno sbagliato i candidati, hanno sbagliato i temi, hanno sbagliato a porsi di fronte all’elettorato: insomma, hanno sbagliato tutto. E questo credo abbia disilluso gli elettori, che non vanno a votare se non capiscono a fondo, e chiaramente, la ratio delle scelte, delle proposte e dei candidati.
(Marco Biscella)
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