RISULTATI ELEZIONI FRANCIA 2024– Le Figaro – principale quotidiano moderato francese, molto critico con il presidente Emmanuel Macron per la sua scommessa elettorale – durante la vigilia del secondo turno ha tenuto fissa sulla sua homepage una dichiarazione di Sandrine Rousseau, deputata verde già rieletta al primo turno in una circoscrizione parigina per il Nouveau Front Populaire (fino a ieri sera all’opposizione dell’Eliseo). “Il risparmio dei francesi potrebbe essere mobilitato sul nostro debito”, ha detto l’economista, toccando la piaga politico-finanziaria della Francia odierna: lo squilibrio dei conti pubblici messo sotto procedura d’infrazione dalla Commissione Ue.
Come il risparmio privato dei francesi potrebbe essere utilizzato dal governo per tappare i buchi accumulati dal Macron in sette anni e finanziare nuovi deficit, Rousseau non lo ha spiegato, ma le opzioni non sono molte e neppure difficili da individuare. La più dura appare una tassazione patrimoniale straordinaria, appena più morbida sarebbe invece una campagna sovranista di “prestiti patriottici”, più o meno forzati. Certamente, allorché gli exit polls hanno preannunciato ieri sera un “ribaltone” a Parigi, quella che sembrava una boutade politica da salotto d’opposizione assume invece contorni di piattaforma portante per una nuova maggioranza di governo di sinistra-centro: quella su cui si sono fermati i dadi della scommessa dell’Eliseo.
Macron, non sorprendentemente, non ha commentato un risultato elettorale insperato per il suo Ensemble. Dovrà invece fare i conti con l’immediata pretesa del leader di La France Insoumise – Jean-Luc Mélenchon – di guidare la formazione di un nuovo esecutivo. La Francia che Macron ha mobilitato contro il Rassemblement National si ritrova in maggioranza all’Assemblea Nazionale: un carrozzone elettorale di vecchia sinistra (rappresentata dall’ex presidente François Hollande, rieletto deputato), nuovi antagonismi di matrice etnica, ecologismi ideologici, eterni gauchismi intellettuali. Ma in concreto fra gli elettori aizzati dal presidente contro Marine Le Pen vi sono molti “gilet gialli” che hanno infuocato decine di sabati parigini per il rialzo del prezzo della benzina. Vi sono i sindacalisti che hanno riempito le piazze contro una prima riforma delle pensioni sollecitata dalla Ue e hanno invocato aumenti salariali nell’impiego pubblico. Vi sono anti-nuclearisti arrabbiati contro ogni ipotesi di “verdizzazione” dell’“atomo pulito” su cui Macron contava in misura strategica. Vi sono pacifisti che – senza essere più distanti dalla Russia putiniana di quanto lo fosse Marine Le Pen – non accetterebbero mai l’aumento strutturale della spesa militare. Eccetera.
Su tutto questo il ribaltone francese – da stamattina – è alla prova dei mercati. Che possono aver gradito sul piano politico l’uno-due della sinistra fra Londra e Parigi in chiave anti-populista (perfino nella prospettiva di un possibile miglioramento di clima “atlantico” attorno alla pericolante ricandidatura di Joe Biden per la Casa Bianca).
Ma il doppio esito elettorale prefigura ora anche un brusco cambiamento di aspettative politico-economiche al centro dell’Europa attraverso il lungo terremoto francese. E lo scenario non è meno incerto di quello che avrebbe disegnato un’affermazione di RN. Appena al di là della Manica, è ancora bruciante il ricordo dei cento giorni di Liz Truss, che due anni fa fu cacciata (dalla City) per aver presentato una manovra espansiva finanziata con un maxi-taglio delle tasse: nell’arco di una notte i titoli del Regno divennero invendibili. Come reagirà ora lo spread francese (e anche quello italiano) di fronte al cantiere di un governo in cui il “senior partner” è sulla carta una formazione politica molto più vicina agli M5s italiani che ai “dem” (o ai socialdemocratici tedeschi, o ai laburisti britannici)? Ma soprattutto: come reagirà la Ue, spaventatissima dal possibile avvento dei “barbari lepenisti” a Parigi?
Ora a Bruxelles, il Consiglio dei capi di Stato e di governo continuerà a essere presidiato da Macron (cui la Costituzione assegna il compito di “presiedere” il consiglio dei ministri e l’alta rappresentanza diplomatica del Paese). Ma ai diversi consigli dei ministri andranno i membri del nuovo gabinetto. E quello che varrà saranno i numeri e le scelte puntuali che la Francia esibirà a Bruxelles. Su cui ancora il lussemburghese Jean-Claude Juncker si permetteva di dichiarare il doppio standard di un favore di principio, che però oggi sembra assai meno percorribile da Ursula von der Leyen.
“Ursula 2” è stata fortemente voluta da Macron oltreché dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, ma ora dovrà affrontare la prova della fiducia davanti al nuovo euro-parlamento: con la mappa disegnata il 9 giugno, molto diversa anche nel settore francese rispetto al voto di ieri (a sua volta diversa da quella del 30 giugno, che aveva confermato il netto spostamento a destra dell’elettorato francese all’interno di una dinamica europea). La sorpresa finale delle urne a Parigi pare quindi complicare una situazione già problematica per la popolare von der Leyen, che aveva escluso dalla sua maggioranza i Verdi (oltre alle sinistre estreme) e stava prendendo atto dell’ennesimo arretramento dei socialisti. Non da ultimo, fra Strasburgo e Bruxelles sarà interessante osservare due dinamiche.
La prima riguarda il comportamento dei liberaldemocratici, fra i quali si annoverano i (pochi) eurodeputati macroniani. È vero che a Berlino FDP partecipa alla coalizione con SPD e Verdi, ma quest’ultima è sostanzialmente fallita (tanto che il budget presentato giovedì da Scholz per il 2025 – anno elettorale – è incolore, frutto essenzialmente dei vincoli finanziari cari ai liberali, dopo lo stop dalla Corte federale tedesca).
Dopo il contro-choc francese di ieri sera, infine, sembra destinato a mutare fisionomia anche il riassetto nella destra d’opposizione all’europarlamento. Il nuovo contenitore fra RN e i popolari ungheresi di Viktor Orbán sembrava un’area di parcheggio per forze politiche ancora “rifiutate” dalla maggioranza “europeista” ma comunque decise a giocare una partita non più semplicemente antagonista. Adesso invece il pattuglione lepenista (e non solo) a Strasburgo potrebbe essere ri-orientato verso un tradizionale opposizione intransigente e pregiudiziale verso Bruxelles. È una delle tante incognite poco rassicuranti per l’intera Ue, la cui responsabilità andrà addebitata esclusivamente al presidente francese. E a tutti i suoi eventuali complici.
PS: la svolta francese è una cattiva notizia per la comunità ebraica internazionale e per Israele. La sinistra francese è tradizionalmente filo-palestinese in un Paese dai forti legami e interessi nel mondo arabo e in cui l’antisemitismo è storicamente radicato e diffuso.
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