Com’era largamente previsto, Claudia Sheinbaum ha stravinto le elezioni messicane con una maggioranza di oltre il 60% dei voti e sarà la prossima Presidente del Paese. Prima donna in assoluto a ottenere questa carica in una tornata elettorale tutta al femminile, visto che il suo principale avversario era l’imprenditrice Bertha Xochtil Galvez del Partito di azione nazionale che si è attestata sul 28% dei suffragi.



Viene premiata, quindi, la discussa continuità del potere espressa dall’attuale Presidente, Lopez Obrador, in un voto che è stato segnato da una violenza inaudita, fotografia esatta del Messico che da anni sta vivendo una situazione dove la criminalità e il potentissimo narcotraffico la fanno da padroni. E il risultato per certi versi eclatante ne rappresenta la realtà che ancora non è preparata a un cambiamento radicale che include una lotta seria contro tutto ciò.



Ciò che difatti attende Sheinbaum è un territorio nel quale governare con moltissimi conti aperti anche con le donne per sparizioni e violenze e una sostanziale ingiustizia nel mondo del lavoro, i cui diritti e soprattutto salari sono inferiori a quelli degli uomini.

Voglio ringraziare milioni di messicani che hanno deciso di votare per noi per continuare la trasformazione”, ha dichiarato Sheinbaum dopo il risultato “È il riconoscimento del popolo messicano alla nostra storia, convinzione e volontà. Ma soprattutto al nostro progetto nazione. Sono grata, perché per la prima volta ci sarà una donna Presidente del Messico. Mi congratulo con tutti i messicani che, con la loro partecipazione, hanno dimostrato che siamo un Paese democratico, con elezioni pacifiche e molto partecipative”.



Parole indubbiamente di circostanza, nelle quali colpisce però il termine di elezioni pacifiche, visto che l’intera campagna elettorale è stata un susseguirsi di violenze e attentati che hanno portato all’uccisione di due candidati provinciali e via di questo passo…. elezioni davvero “tranquille”.

Claudia Sheinbaum è un ingegnere fisico e fino al 2023 era a capo del Governo di Città del Messico: possiede un dottorato di ricerca ed è autrice di due libri dedicati ai problemi energetici e lo sviluppo sostenibile. Candidata del partito “Juntos Haremos Historia” è inoltre strettissima collaboratrice dell’attuale Presidente. Si definisce “figlia del 68” e ora espleterà la continuità politica di un Paese nel quale, però, proprio a causa di ciò, la soluzione alla violenza si presenta difficile, visto che il potere da anni è nelle mani di un partito che fa parte del Gruppo di Sao Paulo, un’associazione tra leader populisti che nella pratica comanda in alcuni Paesi latinoamericani (oltre al Messico, il Nicaragua, la Bolivia, il Brasile e il Venezuela) dove il potere narco è grandissimo.

C’è da dire che dal punto di vista economico il Paese è segnato in questi anni da una ripresa che lo ha portato a godere delle stesse condizioni di prima della pandemia e quindi di una stabilità che, stando agli ultimi dati, è attualmente uguale a quella della Bolivia: la sua vicinanza con gli Stati Uniti, i trattati di libero scambio e le sue immense fonti energetiche costituiscono una base fondamentale per questo processo. Ma bisognerà vedere se queste condizioni si manterranno dopo le importantissime elezioni Usa, viste le differenze sopratutto ideologiche che il potere messicano ha con gli Stati Uniti: ma è probabile che anche dopo un’eventuale e pronosticata vittoria del Partito repubblicano le cose sostanzialmente rimarranno uguali, se non nella forma, nella sostanza. La concentrazione di industrie statunitensi sul suolo messicano è troppo importante per l’economia Usa per rischiare di perdere questa opportunità importantissima per poter far fronte ad un’eventuale massiva penetrazione cinese. Anche se a forza di dazi, come quelli recentemente attuati da Biden sull’industria automobilistica di Pechino, la situazione si prospetterebbe positiva. Ma bisogna vedere pure cosa deciderà una Cina che nelle sue casseforti ha depositato gran parte del debito statunitense.

Ecco quindi che il risultato messicano non dovrebbe in sostanza mutare la situazione economica, ma allo stesso tempo nemmeno il problema della violenza e corruzione che, lo ripetiamo, si sono manifestati anche in questa tornata elettorale. D’altronde sosteniamo da anni come ormai i narco siano a tutti gli effetti i veri padroni di nazioni del continente latinoamericano ed è noto come lo stesso attuale Presidente messicano Lopez Obrador abbia espresso opinioni sconcertanti appoggiando di fatto questo potere che, a quanto pare, continua a sostenerlo.

In pratica niente di nuovo sotto il sole dopo un’elezione che, seppur seguitissima a livello mediatico, alla fine ha prodotto il risultato più prevedibile e il Messico ha perso ogni speranza di poter attuare quel cambio radicale che, viste le condizioni di sicurezza attuali, sarebbe necessario: ma quando l’orchestra è diretta da poteri del genere, è molto difficile se non impossibile che la musica cambi.

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