Primo scenario, disegnato dagli exit polls: una maggioranza di centrodestra risicata, nonostante una robusta risalita del Partito popolare, abbinata però a un arretramento di Vox al di sopra delle attese. Secondo scenario (in filigrana nei primi parziali reali) una classica situazione di “Parlamento impiccato”, senza una forza-leader, premessa di nuove elezioni anticipate (in Spagna non infrequenti: tre fra il 2016 e il 2019) o in alternativa di un Governo di grande coalizione fra popolari e socialisti, non schiacciati alle urne anticipate. Ma a spoglio in corso non sembra del tutto impossibile – anche se poco probabile – neppure un’inattesa prova di resilienza da parte del centrosinistra (Psoe e Sumar), costretto a chiamare il voto anticipato.
Nei primi exit polls (anzitutto quello di Telecinco), il pronostico è sembrato abbastanza rispettato: complice anche il caldo torrido che ha abbassato l’affluenza, i popolari di Alberto Nunez Feijoo nei “sondeos” tornano a essere la prima forza politica iberica (guadagnando nelle stime più ottimistiche una sessantina di seggi stimati alle Cortes rispetto agli 89 del 2019) e lasciandosi alle spalle il Psoe del Premier uscente Pedro Sanchez: che tuttavia cederebbe un numero contenuto di seggi (idem la sinistra di Sumar).
L’esito resta però molto incerto e questo è già segnaletico del momento. La performance di Vox (in netto calo da 52 a sotto 30, principalmente per il “travaso” verso il centro moderato) potrebbe non consentire al Pp il raggiungimento della maggioranza assoluta di 176: oppure potrebbe riconoscergliela per pochi seggi. Senza contare che l’asse Pp-Vox è ancora da verificare sul piano politico e programmatico.
Né sembra uscire – a meno di clamorosi errori dei polls – una Spagna “non più di centrosinistra” (un po’ stanca dei “dem” di osservanza Ue di Sanchez) e orientata verso il centrodestra: ma in un quadro meno deciso e più problematico di quello tratteggiato dal voto italiano del 2022, nel quale infatti la forza trainante è stata la destra di Fdi.
Il format del centrodestra iberico si presenta invece coerente con quello in incubazione in Europa in vista del rinnovo del Parlamento di Strasburgo nel giugno 2024: con il Ppe che punta alla leadership relativa e conta sull’appoggio rafforzato delle destre conservatrici raggruppate in Ecr. È uno schieramento che nei polls correnti è già numericamente più forte di quello rivale (socialisti, verdi, sinistra radicale), ma senza la certezza di poter condizionare in modo determinante sul piano politico il rinnovo della Commissione (dove potrebbero agire da ago della bilancia i liberali, pressoché assenti in Spagna).
Il voto di Madrid ieri conferma invece quanto acuta sia una polarizzazione del resto trasversale in Occidente (dagli Usa a Israele): e quanto aspra sarà la campagna elettorale per le europee. Nella quale si ritroverebbe sicuramente “avvolta” un’eventuale nuova “snap election” spagnola. Se poi Pp e Psoe dovessero decidere una “neutralizzazione” temporanea dello scontro politico, dando vita a un Governo istituzionale – prevedibilmente fino all’euro-voto – il clima si farebbe ancora più inedito.
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