SAIED VINCE (SENZA SORPRESE) LE ELEZIONI PRESIDENZIALI IN TURCHIA: STASERA L’ANNUNCIO UFFICIALE
Non era particolarmente appassionante la corsa alle Elezioni Presidenziali Tunisia 2024, con i risultati che infatti confermano quanto immaginato alla vigilia (anche senza bisogno di particolari sondaggi approfonditi): il Presidente Kais Saied è stato rieletto per la seconda volta consecutiva con oltre l’89% delle preferenze, o almeno così dicono gli exit poll usciti tra stanotte e questa mattina in attesa della comunicazione ufficiale dei risultati dal comitato elettorale di Tunisi (ISIE) in arrivo oggi 7 ottobre 2024 alle ore 19.30.
Semmai, a sorprendere (anche se non del tutto) è il dato minimo dell’affluenza: i risultati delle Elezioni Tunisia 2024 vedono infatti una partecipazione molto scarsa della popolazione, specie tra gli under 35. Hanno votato infatti il 27,7% degli aventi diritto di voto, dato drasticamente inferiore al 49% registrato nelle Elezioni del 2019 dove per la prima volta venne eletto il 66enne Saied, già professore di diritto costituzionale. Dopo la caduta del dittatore Ben Ali con le primavere arabe, la riforma costituzionale della Tunisia e il caos politico e sociale per la gravissima crisi economica dello scorso decennio, Saied ha assicurato 5 anni di stabilità internazionale senza però risolvere affatto il problema del lavoro e dell’economia reale.
Accusato di brogli e di essersi “scelto” gli oppositori alle Elezioni Presidenziali 2024 – di fatto gli unici due antagonisti di Saied erano un imprenditore pregiudicato con accuse di firme false (Ayachi Zammel) e un alter-ego sempre della sinistra pro-Saied (Zouhair Maghzaoui) – il Presidente rieletto al secondo mandato trionfa nei risultati ma non nei numeri, scontando il voto “boicottato” delle opposizioni che invitavano a non partecipare a Elezioni considerate farsa.
EXIT POLL SENZA STORIA: SAIED ANCORA PRESIDENTE, COSA PUÒ CAMBIARE PER L’ITALIA
In attesa dei risultati definitivi sulle Elezioni Tunisia 2024, comunicati dall’Istanza Superiore Indipendente elettorale, gli exit poll di Sigma Conseil narrano due fatti contemporaneamente veritieri: da un lato il trionfo di Kais Saied con l’89,2% delle preferenze sbaraglia la poca concorrenza, rimasta con il 6,9% per Zammel e addirittura il 2,9% di Maghzaoui. Dall’altro, l’affluenza sotto il 30% conferma quanto poco abbia entusiasmato il ritorno alle urne per la popolazione tunisina: è lo stesso presidente dell’ISIE a confermare ieri sera, dopo la chiusura dei seggi, che l’affluenza del 27,7% vede una scarsissima partecipazione dei giovani-giovanissimi (solo il 6%), affluenza tenuta in piedi dalla classe lavoratrice (65% tra i 36 e i 60 anni), crollata per gli over-60 (solo il 29%).
Una vera transizione democratica in Tunisia, nonostante le Elezioni e una Costituzione, molti osservatori politici ritengono che ancora non sia stata raggiunta, neanche con Saied: l’accentramento di potere, la sfida alle opposizioni messe al “confino” dalla vita democratica, e la crisi persistente dell’economia lontano dai grandi centri come Tunisi, rischiano di far passare la vittoria elettorale come un dato interlocutorio e non di autentico successo. Di origine sinistra, il Governo Saied ha visto la legittimazione dell’Ue di Von der Leyen dopo gli accordi stipulati sul controllo dell’immigrazione clandestina verso le coste europee, con la particolare partnership dell’Italia di Giorgia Meloni. I risultati delle Presidenziali in Tunisia forniscono infatti una continuità attesa e sperata da Ue e dal nostro stesso Governo, sebbene Saied non brilli per “libertà democratica” nel suo Paese. Come già avvenuto in passato con la Turchia di Erdogan, alla crisi migratorie incontrollate post-crollo della Libia l’Europa si è rivolta a Tunisi per provare a tamponare il problema: il finanziamento della Guardia Nazionale Tunisina proseguirà vista la riconferma di Saied, con numeri ridotti e problematiche limitate. Resta il tema di come vengono trattati-abbandonati i migranti (da un lato) e gli stessi cittadini tunisini dall’altro: la Primavera Araba, a più di 10 anni di distanza, sembra lontana dal potersi definire una “stagione positiva” per la democrazia nel nord Africa.