MINNEAPOLIS – L’America ha votato. Dopo una campagna elettorale brutta, cattiva e piena di profezie lugubri che annunciavano a seconda del vincitore o la morte della democrazia o la morte della libertà (come se l’una potesse sussistere senza l’altra), il Paese ha scelto …ma all’una di notte non sappiamo ancora chi. Tra un meccanismo elettorale da far ridere e pasticci vari combinati non si sa bene da chi e dove, le operazioni di spoglio si trascinano e si trascineranno non si sa ancora per quanto. Trump è avanti un po’ ovunque e guarda la Harris dall’alto dei 246 voti elettorali già conquistati (ce ne vogliono 270) contro i 182 della Vice Presidente.
Pennsylvania, Arizona, Michigan – gli swing States che pesano – sono ancora too close to call, i margini di vantaggio di Trump sono troppo piccoli per assegnargli la vittoria. Ma la scelta dell’America sembra quella, con la cometa senza luce e senza direzione della Harris destinata a spegnersi senza clamori cosi come era fugacemente apparsa.
Ribadisco, “sembra”, perché i numeri ancora non ci sono e se si dovesse finire a riconteggiare tutto com’è successo in anni recenti…
Ma quest’oggi non c’era solo il “trono presidenziale” in gioco. C’erano ben 34 seggi senatoriali (su 100 che sono in totale) up for grabs, da portare a casa e con essi la possibilità per i Repubblicani di riconquistare il Senato. Missione compiuta, Senato a maggioranza repubblicana. Poi ci sono i 435 seggi – tutti quanti – della House of Representatives, la Camera, nonché una dozzina di Governatori e tutta una serie di personaggi, dai Senatori e Deputati presso lo Stato, a vari Giudici, Funzionari Comunali, membri dei Consigli Scolastici… insomma, si trattava di eleggere tutti quelli che tengono le fila (si spera) del tessuto sociale. E non dimentichiamo gli 11 Governatori da eleggere. Domani avremo un quadro più preciso di tutto quanto.
L’America ha votato e ha scelto. Che piaccia o meno. Ora vedremo se il Paese saprà ritrovarsi attorno al Presidente e se il Presidente saprà ritrovare il Paese. Vedremo anche se coloro che temevano per la sorte della democrazia accetteranno il responso che questa elezione, brutta sì, ma democratica.
Ho scritto più volte di non aver fiducia nei sondaggi. Troppe variabili in ballo.
Come quelli che… hanno votato Trump controvoglia con la speranza – fondata o meno che sia – di vederlo vincere per poi ammainare bandiera messo sotto da un bel “impeachment” e lasciare cosi la presidenza al giovane rampante JD Vance.
Quelli che… sembra una strofa rubata a Jannacci, ma cosi è perché quando si parla di elezioni presidenziali le variabili sono 161 milioni, tante quanto i registered voters, i cittadini US aventi diritto al voto. Le elezioni di oggi lo hanno ancora una volta dimostrato. E mentre prosegue la sarabanda dei programmi televisivi pieni di commentatori politici, e io rimbalzo come una pallina da ping pong tra i volti lugubri della CNN e quelli sardonici della Fox, compare sugli schermi il capo della campagna elettorale della Harris per dire che si passerà la notte a contare voti, e poi ringraziare tutti e portare i saluti di Kamala che si farà viva domattina. Come dire “non mi arrendo, ma abbiamo perso”.
Cosi, apparentemente senza svolte drammatiche, il Paese elegge il suo Presidente e tutti gli uomini del Presidente.
Lo spettacolo è finito e a Dio piacendo riprende la vita vera. C’e’ tanto da fare, e non solo all’interno dei nostro il confine.
God Bless America!
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